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domenica 21 marzo 2021

Congo - Nord Est, regione del Kivu e Ituri - Negli ultimi mesi, continui attacchi dei gruppi armati: 200 morti e 40.000 sfollati in maggior parte donne e bambini

La Repubblica
Il richiamo dell'UNHCR per le sue attività d'aiuto nella Repubblica Democratica del Congo. Uccise oltre 200 persone e costrette alla fuga altre 40.000 nella provincia del Nord Kivu e di Ituri

L’UNHCR, Agenzia Onu per i Rifugiati, avverte che il numero di attacchi da parte di un gruppo armato contro i civili nelle zone nord-orientali della Repubblica Democratica del Congo (RDC) sta crescendo a ritmi allarmanti. 

Da gennaio, gli attacchi imputati al gruppo armato Forze Democratiche Alleate (ADF), hanno ucciso quasi 200 persone, ferito decine di altre e costretto alla fuga circa 40.000 persone nel territorio di Beni nella provincia del Nord Kivu e nei villaggi vicini della provincia di Ituri. 

In meno di tre mesi, l’ADF avrebbe fatto irruzione in 25 villaggi, incendiato decine di case e sequestrato oltre 70 persone. Tutto ciò si aggiunge ai 465 congolesi uccisi in attacchi attribuiti all’ADF nel 2020.

La maggior parte sono donne e bambini. Attacchi e frequenti, diffuse violazioni dei diritti umani continuano anche in altre parti della provincia del Nord Kivu. Le ragioni principali di questi attacchi includerebbero ritorsioni da parte dei gruppi armati contro le operazioni militari, la ricerca di cibo e medicine, ed accuse contro le comunità di condividere informazioni sulle posizioni dell’ADF. 

Le persone che questo mese sono state costrette alla fuga si sono dirette nelle città di Oicha, Beni e Butembo nel territorio di Beni. La maggior parte sono donne e bambini, mentre gli uomini restano a proteggere le proprietà, esponendosi al rischio di ulteriori attacchi.

Manca acqua pulita e garanzie d'igiene. Chi è stato costretto ad abbandonare la propria casa vive in condizioni terribili senza riparo, cibo, acqua o assistenza sanitaria. In un contesto caratterizzato dal rischio di contrarre Ebola e COVID-19, la mancanza di accesso a servizi igienici, acqua pulita, sapone e prodotti per l’igiene femminile è particolarmente preoccupante. Inoltre, le famiglie non dispongono di oggetti di uso quotidiano come coperte, stuoie per dormire o materiale per cucinare.

Circa 100 mila gli sfollati interni. Prima degli esodi recenti, erano circa 100.000 gli sfollati interni che necessitavano di protezione e di aiuto per trovare un riparo a Beni. 

La carenza di fondi ha ridotto la capacità dell’UNHCR di intervenire con assistenza umanitaria, alloggi compresi. Nel 2020, l’UNHCR è stato in grado di costruire più di 43.000 rifugi per famiglie nella RDC orientale. Nel 2021, con i fondi attualmente disponibili, potranno essere assistite solo 4.400 famiglie su centinaia di migliaia che ne avrebbero bisogno. Sono necessari finanziamenti aggiuntivi anche per riprendere un programma di assistenza in contanti per donne sfollate a rischio che ha dovuto essere tagliato.

L'appello dell'UNHCR. L’Agenzia Onu ha bisogno urgente di 2 milioni di dollari per rafforzare gli interventi di protezione e la risposta umanitaria a Beni, nel Nord Kivu e nel territorio di Irumu nell’Ituri. Attualmente, l’UNHCR ha ricevuto solo il 5,5% dei 33 milioni di dollari necessari per far fronte ai bisogni in tutta la RDC orientale.

domenica 8 giugno 2014

R.D. Congo Sud Kivu, evasione di massa dal carcere di Bukavu che ospita 1500 detenuti in 500 posti

MISNA
Sarebbero circa 300 i detenuti evasi oggi dalla prigione centrale di Bukavu: lo hanno riferito responsabili di polizia della città, capoluogo della provincia orientale del Sud Kivu.
Secondo questa ricostruzione, negli scontri a fuoco seguiti all’inizio dell’evasione è stato ucciso un agente. Altre fonti riferiscono di sei vittime.

L’evasione è stata confermata da Radio Okapi, l’emittente delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo. Nella prigione centrale di Bukavu erano detenute più di 1500 persone, nonostante la struttura non ne possa ospitare più di 500.

mercoledì 2 ottobre 2013

RD Congo - Aumentano sfollati e rifugiati nella crisi del Nord Kivu. 3 milioni di sfollati e 440 mila rifugiati.

MISNA
R.D. CONGO – Continuano ad aumentare gli sfollati e rifugiati causati dall’annosa crisi nella provincia del Nord Kivu. Con gli ultimi 350.000 persone, è passato a tre milioni il numero di sfollati interni mentre sono ormai 440.000 i congolesi ad aver trovato rifugio nei confinanti Burundi, Rwanda e Uganda.

I dati sono contenuti nell’ultimo rapporto stilato dall’Onu e presentato al Consiglio di sicurezza. Intanto sul terreno combattimenti tra due milizie – l’Alleanza dei patrioti per un Congo libero e sovrano (Apcls) e i Mayi Mayi Sheka – a 90 km dal capoluogo di Goma hanno causato almeno dieci vittime, mentre un numero imprecisato di persone è stato rapito.

giovedì 29 agosto 2013

R D Congo - Lasciateci vivere l'appello del vescovo di Goma

MISNA
“In nome di Dio, lasciateci vivere!”: è l‘appello lanciato da monsignor Théophile Kaboy, vescovo di Goma, capoluogo del Nord Kivu, da settimane epicentro di nuovi scontri tra la ribellione del Movimento del 23 marzo (M23) e le forze armate regolari (Fardc). Il presule si rivolge alla “coscienza dei responsabili” di questi fatti violenti e alle “autorità competenti”, deplorando “innumerevoli perdite in vite umane, sfollati lontani dai villaggi e dai campi ammassati e che vivono in condizioni precarie” così come violazioni dei diritti umani su vasta scala che “ledono alla dignità umana”.

Citando i negoziati di Kampala – aperti lo scorso dicembre ma in stallo da mesi – l’accordo di Addis Abeba, le varie dichiarazioni del Consiglio di sicurezza e il dispiegamento della brigata di intervento, monsignor Kaboy ha deplorato “tutti quei giochi politici” ai quali ha assistito la gente del Nord Kivu “stanca da due decenni di guerre ricorrenti” e che hanno illuso la popolazione con “promesse di un futuro radioso”. Sul terreno, invece, da diverse settimane si è verificata una nuova spirale di violenza ai danni dei civili.

Nel suo messaggio, rilanciato dal sito d’informazione Bukavu on-line, il vescovo di Goma, già occupata dall’M23 lo scorso novembre, condanna con toni duri “la desolazione terrificante alimentata da innumerevoli milizie” e invita la popolazione a “resistere e rimanere vigile”, ma soprattutto a “non cadere nella trappola di quanti vogliono creare una totale confusione in città, colpendo cittadini indifesi e beni”. Per monsignor Kaboy, “siamo tutti fratelli” e ora più che mai “tutte le forze vive implicate nella crisi devono prendere sul serio tutte le risoluzioni già varate per ristabilire la pace totale”. Rivolgendosi alla classe politica congolese, il presule chiede che le prossime consultazioni nazionali in agenda per il 4 settembre a Kinshasa possano essere “sincere” e “privilegiare l’interesse nazionale”.

Intanto da ieri è in corso una vasta offensiva di terra e aerea delle Fardc, sostenute dai caschi blu della Monusco e dalla brigata di intervento, per respingere l’M23 dalle posizioni sulle colline di Kibati. Nelle ultime ore quattro colpi di obice di origine indeterminata sono caduti su Goma; finora non è stato diffuso alcun bilancio. Stamattina una donna ruandese ha perso la vita e il suo bambino è stato ferito da un ordigno che ha raggiunto Gisenyi, città gemella di Goma nel confinante Rwanda. Secondo fonti locali si sarebbe trattato di un “tiro volontario in provenienza dal vicino Congo”. Kigali accusa spesso Kinshasa di bombardare volontariamente il territorio ruandese confinante con l’instabile provincia del Nord Kivu. Diversi rapporti Onu hanno confermato il sostegno militare e finanziario del Rwanda e dell’Uganda alla ribellione dell’M23, nata nell’aprile 2012.