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lunedì 28 maggio 2018

Migranti, l'inferno si chiama Moria: ancora violenze nel centro d'identificazione a Lesbo

La Repubblica
Attualmente sull’isola greca, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ci sarebbero 4.521 profughi

Non c'è pace nel campo profughi di Moria, a Lesbo, l'isola greca diventata negli ultimi due anni la testa di ponte delle ondate di profughi dirette verso l'Europa. Coinvolti, stando alle testimonianze delle autorità greche, dieci rifugiati curdi siriani, rimasti gravemente feriti a seguito di uno scontro con tre persone di etnia presumibilmente araba. Sarbast Mohammed, esponente del Kurdistan Democratic Party (KDP) in Grecia, ha confermato che non ci sarebbero morti e che le vittime proverrebbero dalle città di Afrin, Kobani e Sulaimani. In totale, nelle ultime settimane, ben 72 persone sarebbero state vittime di episodi di violenza.

Condizioni disumane. Attualmente sull’isola di Lesbo, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ci sarebbero 4.521 profughi, in gran parte trattenuti nell’hotspot di Moria, ovvero un centro d’identificazione e registrazione per i migranti irregolari. Qui vivono, in condizioni igienico-sanitarie più che precarie, quelli arrivati dopo l’entrata in vigore dell’accordo tra Unione europea e Turchia nel marzo del 2016. Da qualche settimana gli arrivi dal Paese di Erdogan sono aumentati, e i minori non accompagnati sarebbero 45.

Bloccati per mesi. Le persone arrivano a Moira pensando che prenderanno un aereo o un traghetto per raggiungere le famiglie in qualche altro Paese europeo ma poi finiscono per restare bloccate per mesi, aspettando che la propria domanda di asilo, di ricollocamento (relocation) o di ricongiungimento familiare venga valutata dalle autorità. "Più di seimila stipati in tende e container dove dovrebbero starcene 3 mila. Il mare di Lesbo è sempre stupendo, ma vi assicuro che visto da qui ha perso completamente di importanza per me. O meglio: è diventato un mare nero", si legge nel reportage di Allegra Salvini per Repubblica Firenze.

Gli effetti della "politica di contenimento". Il divieto per i richiedenti asilo di viaggiare fuori dai cinque grandi CIE a cielo aperto del mar Egeo (Lesbo, Chio, Samo, Leros e Kos), frutto della controversa "politica di contenimento" dell'Unione Europea, sta insomma creando tensioni crescenti. Distribuite su una collina, le tende a forma di scatola di scarpe sembrano porre la stessa domanda: quando finirà?


Sara Ficocelli

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