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giovedì 6 luglio 2017

Iraq. Save the Children: le ferite dei bambini di Mosul. Non sorridono più!

Radio Vaticana
La battaglia per la riconquista di Mosul, una delle principali roccaforti irachene del sedicente Stato islamico, sembra giunta alle battute finali. Le forze governative, sostenute anche dagli Stati Uniti, sarebbero vicine al pieno controllo della città vecchia dove si trovano le ultime postazioni dei jihadisti. 


Una strenua guerriglia che si consuma strada per strada, casa per casa. Il prezzo più alto di questa guerra lo stanno pagando i bambini, feriti nel profondo dall’ inaudita violenza che da anni si consuma sotto i loro occhi. 

Con esiti drammatici per le loro esistenze, come rivela una ricerca dell’organizzazione umanitaria Save the Children. Ce ne riferisce Paola Simonetti:

Sono l’emblema della scia di male che la guerra, ovunque, è in grado produrre a danno di chi non può difendersi. Loro i bambini di Mosul, città simbolo della lotta al sedicente Stato Islamico in Iraq, portano il peso di quello che non hanno voluto, di cui non sono responsabili, tanto da non saper più sognare, da non conoscere più fiabe. 

I compagni fedeli di una intera generazione di minori sono infatti gli “incubi ad occhi aperti”, come ha definito uno degli esiti del trauma da conflitto, l’associazione Save the Children, attiva nel campo profughi di Haman Al Alil, dove l’organizzazione ha svolto una ricerca sul tema. Circa 65 i bambini intervistati, tra i 10 e i 15 anni, per sondare l’entità dei segni che il conflitto ha lasciato su di loro. 

Ne emerge un quadro dolorosamente drammatico e complesso, come spiega Marco Guadagnino, portavoce programmi internazionali di Save the Children…
“Un disagio sociale che noi in termini tecnici definiamo ‘lo stress tossico’, che poi si associa – se non trattato, se non curato – a una serie di effetti gravissimi anche sulla salute fisica. Questi sono bambini che hanno vissuto le violenze dell’Isis, hanno vissuto i bombardamenti, i giorni della fuga quando è iniziato il tentativo di riconquista della città da parte dell’esercito iracheno; stanno vivendo le drammatiche condizioni dei campi nei quali questi bambini sono stati sfollati …”.

Un carico di dolore quello sopportato dai bambini di Mosul, come da quelli di ogni luogo del mondo, che si manifesta in primis sui loro volti, cancellando senza pietà la loro stagione di innocenza. Sentiamo ancora Guadagnino:
“Intervistando questi bambini, abbiamo notato purtroppo che questi bambini non sorridono più. Le espressioni facciali sono assenti; hanno paura dei rumori; parlano di incubi ad occhi aperti: vedono i mostri … Ecco, questi bambini vedono i mostri anche durante il giorno, sono bambini ai quali basta ascoltare semplicemente il rumore di un elicottero che passa sopra il campo, quindi un rumore che ricorda in qualche modo il bombardamento, e scappano terrorizzati, cercano rifugio ovunque sia possibile. Sono bambini che hanno visto in prima persona decapitazioni. Alcuni bambini ci hanno detto: “Preferiamo essere feriti, così possiamo andare in un posto dove ci danno da mangiare”. In alcuni casi ci hanno detto: vorremmo morire perché in Paradiso non soffriremo più!”.

Portare sostegno a questa generazione di bambini diviene dunque cruciale per tracciare un futuro per loro come individui, ma anche come costruttori di un Paese nuovo, come conclude Marco Guadagnino, portavoce programmi internazionali di Save The Children:
“E’ il sentimento di fiducia verso gli adulti che bisogna costruire. Questi bambini non si fidano più di noi. Qui è necessario capire che oltre agli aiuti immediati, che sono ovviamente necessari, è necessario portare anche aiuto psicologico. Come operatore umanitario ritengo l’assistenza psicologica post-traumatica allo stesso livello di importanza della distribuzione alimentare. Per me è un elemento salva-vita, per questi bambini …”.

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