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sabato 20 maggio 2017

Gli schiavi ci sono ancora. In Brasile il fenomeno persiste.

Vatican Insider
A 129 anni dall’abolizione della schiavitù il fenomeno persiste nelle campagne del Brasile ma anche nelle città.


Il Brasile, uno dei paesi più schiavisti del continente latinoamericano, ricorda nel mese di maggio il momento in cui donna Isabella Cristina Leopoldina Augusta Micaela Gabriela Rafaela Gonzaga d’Orléans-Braganza (nata Braganza e Borbone-Due Sicilie) figlia ed erede dell’imperatore Pietro II del Brasile metteva fine alla schiavitù con la famosissima Lei Áurea del 1888 e constata – lo fanno i vescovi della Conferenza nazionale – che 129 anni dopo nel paese sudamericano la schiavitù esiste ancora. 

«Oggi, situazioni analoghe alla schiavitù, quali il lavoro schiavo, il lavoro senza orario, la servitù per debiti e in condizioni degradanti persistono. Più di 47.000 lavoratori sono stati liberati da situazioni analoghe alla schiavitù tra il 1995 e il 2014, secondo il Governo Federale».

Per questa ragione la Cnbb ha avviato diverse iniziative per combattere la schiavitù moderna in nulla diversa da quella di oltre un secolo fa. I vescovi ricordano che nel 2012 venne creato il Gruppo di lavoro “Enfrentamento ao Trabalho Escravo e de Tráfico de Pessoas” mentre nel 2014 è stata lanciata la Campagna nazionale intitolata “Tráfico Humano e Fraternidade”. La Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani annuncia adesso la creazione di una “Comissão Especial para o Enfrentamento do Tráfico Humano” i cui componenti sono stati appena nominati.
Va ricordato che in Brasile, la schiavitù è durata circa tre secoli, a partire dall’inizio della colonizzazione fino alla Legge d’oro della regina Isabella. L’articolo 149 del Codice penale del Brasile identifica il lavoro forzato come: «Ridurre qualcuno ad una condizione analoga a quella di uno schiavo, sottometterlo al lavoro forzato e senza orario o sottoporlo a condizioni di lavoro degradanti, o limitando, con qualsiasi mezzo la sua mobilità in ragione del debito contratto con il datore di lavoro o un suo agente». Per questo reato la pena prevista è la reclusione da due a otto anni e una multa, oltre alla corrispondente sanzione commisurata alla violenza esercitata sulla vittima.

I vescovi del Brasile denunciano che situazioni di questo tipo sono state riscontrate nelle zone rurali del paese, soprattutto dove si alleva bestiame, nella produzione di carbone e nelle piantagioni di canna da zucchero, soia e cotone. 

Negli ultimi anni, questa situazione è stata osservata anche nei centri urbani, in particolare nel settore tessile, edile e nello sfruttamento della prostituzione.

Alan P. Durante

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