Pagine

mercoledì 24 maggio 2017

Centrafrica, vescovo e cristiani fanno da scudo ai musulmani

Avvenire
Per scongiurare ulteriori stragi, monsignor Aguirre ha protetto la comunità in Centrafrica. Barricati in moschea nel sud del Paese per evitare una strage.




«Sto molto bene. Ma mi sono messo a fare da scudo affinché non vengano uccisi 500 donne e bambini all’interno di una moschea. Insieme ad altri, siamo qui da tre giorni. Raccogliamo feriti e cadaveri. Finora abbiamo contato 40 morti e cento feriti». 


Questa è una parte del messaggio telefonico inviato mercoledì alla famiglia da monsignor Juan-José Aguirre, vescovo spagnolo della cittadina di Bangassou, nel sud della Repubblica Centrafricana. Parole preoccupanti che però, grazie al coraggio di questo religioso e di pochi altri come lui, hanno incontrato, alla fine, una conclusione buona.

Almeno per ora. «Sono arrivati i caschi blu portoghesi – ha potuto spiegare padre Aguirre –. E il cardinale Dieudonné Nzapalainga sta negoziando con i ribelli anti-balakà per far evacuare la gente in sicurezza». 

Da più di una settimana si sono riaccesi pericolosi focolai di guerra nel Paese. La regione di Bangassou, presa recentemente di mira dagli anti-balakà a maggioranza cristiana, è tra le più tese. «Juan sta aiutando da tempo musulmani e cristiani a riconciliarsi – spiega il fratello, Miguel Aguirre –. Lui vuole far conoscere la realtà centrafricana poiché il Paese è invisibile agli occhi del mondo nonostante le continue gravissime sofferenze». Dal 2000, anno in cui diventò capo della diocesi di Bangassou, il comboniano Aguirre ha lanciato diverse iniziative per migliorare la società di tale provincia centrafricana.

Durante la sua permanenza sono stati istituiti asili, scuole, ospedali, orfanotrofi, spazi Internet e un centro di salute per i malati di Aids. «Monsignor Aguirre non ha mai lasciato la popolazione, né durante gli attacchi dei famigerati ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra) né quando gli insorti dell’ex coalizione musulmana Selekà avanzavano nel 2013 per effettuare il colpo di Stato», spiega l’operatore (che chiede di restare anonimo) di un’organizzazione non governativa. L’opera del religioso per assistere i cristiani della cittadina e promuovere la riconciliazione delle due comunità religiose ha avuto esiti molto positivi ed evitato ulteriori massacri nella regione. Il fratello del vescovo racconta che «i milizia- ni anti-balakà in questi giorni erano entrati a far parte di gruppi armati provenienti dalla capitale, Bangui».

«Non erano originari della zona in cui lavora Juan-José», sottolinea Miguel Aguirre. La crisi mel Paese si sta aggravando velocemente. Secondo il Comitato internazionale della croce rossa (Cicr) sono almeno 115 i cadaveri ritrovati dopo gli ultimi massacri a Bangassou. Vari gruppi di miliziani hanno preso di mira anche la missione Onu nel Paese (Minusca) uccidendo cinque caschi blu il 9 maggio nel villaggio di Yogofongo e un altro soldato Onu nei i combattimenti di Bangassou. «La calma raggiunta a Bangui e in altre cittadine del Paese rischia di essere coperta dall’aggravarsi della situazione nelle zone rurali - ha detto ieri Zeid Raad al-Hussein, Alto commissario Onu per i diritti umani –. I cittadini indifesi, come sempre, pagheranno il prezzo più alto per l’aumento di violenze tra le comunità».


Matteo Fraschini Koffi, Lomé (Togo)

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.