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domenica 14 maggio 2017

Altri arresti in Turchia: «chi non è con Erdogan è contro di lui»

Corriere della Sera
A innescare l’ultima retata, che porta a oltre 47 mila le persone imprigionate negli ultimi dieci mesi, è stata l’individuazione di un’applicazione, Bylock, che consente lo scambio di messaggi criptati.


Mancava ancora la finanza. Ieri la lacuna è stata colmata con 102 mandati di arresto, 53 dei quali eseguiti nelle prime ore della mattinata, intestati ad altrettanti dipendenti o ex dipendenti della Borsa di Istanbul. 

Contemporaneamente è proseguita l’offensiva contro la stampa: alle 7 del mattino gli agenti hanno bussato alla porta del direttore della versione on line del quotidiano Cumhuriyet, Oguz Guven, che ha avuto appena il tempo di un ultimo tweet, «mi arrestano», prima di essere portato al quartier generale della polizia per essere interrogato. È il tredicesimo giornalista o dipendente della testata, poco compiacente con il governo turco e con il presidente Recep Tayyip Erdogan, a finire dietro le sbarre per quanto pubblicato, dopo il direttore dell’edizione cartacea, Murat Sabuncu. Tutti rischiano pene tra i 7 e i 43 anni, per partecipazione, favoreggiamento o propaganda terroristica.
Nel caso specifico non sarebbe piaciuta la ricostruzione fornita dal quotidiano digitale sulla strana morte, in un incidente stradale, del magistrato Mustafa Alper, il primo ad avere avviato un’indagine sulla rete del predicatore Fethullah Gülen, cui Erdogan attribuisce la regia del fallito golpe del 15 luglio. 

L’idrovora che sta cercando di prosciugare qualunque rigagnolo di possibile complicità attorno all’attuale nemico numero 1 del regime, l’ex imam al sicuro in Pennsylvania, funziona a pieno ritmo, secondo la regola letale che prevede prima l’incarcerazione a tempo indeterminato e poi l’eventuale valutazione degli elementi a carico. 

A innescare l’ultima retata, che porta a oltre 47 mila le persone imprigionate negli ultimi dieci mesi, è stata l’individuazione di un’applicazione, Bylock, che consente lo scambio di messaggi criptati e il ritrovamento di un «archivio segreto» con i nomi di sospetti gulenisti. 

Non serve altro per perdere la libertà in Turchia, oggi; e basta molto meno per perdere il proprio posto. Chi non è con Erdogan è contro di lui. E i magistrati riluttanti finiscono a tenere compagnia agli imputati.

di Elisabetta Rosaspina

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