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sabato 14 gennaio 2017

Migranti morti di freddo sui confini chiusi dei Balcani. L'eliminazione invisibile: gelo, marce forzate nei boschi e deportazioni

Huffigton Post 
Migranti congelati o morti di gelo. Con la discesa brutale delle temperature e la chiusura della rotta balcanica la scorsa primavera, migliaia di migranti si ritrovano bloccati in Serbia, intere famiglie o minori non accompagnati, senza vestiti per il clima invernale. 7.000 profughi circa in Serbia secondo l’Unhcr, ma secondo stime delle organizzazioni locali circa 10.000, di cui 6.000 ospitati nelle strutture ufficiali e solo 3.140 adatti all’inverno; il resto dorme fuori in edifici abbandonnati di Belgrado o sui confini, alcuni persino nei boschi, a meno 20 di notte, e 30 cm di neve. I casi di ipotermia si sono drammaticamente moltiplicati, sette a Belgrado, trattati da MSF e Médecins du Monde a Belgrado, nelle sole ultime 24 ore, e quattro morti per assideramento nella sola prima settimana di gennaio sui confini bulgaro-turco e greco-macedone.



Il 6 gennaio, i cadaveri di due giovani iracheni di 28 e 35 anni, sono stati ritrovati dagli abitanti del paese di Izvor nella regione di Burgas, vicino al monte Strandzha, scelta dai migranti illegali perché unico punto dove la zona è senza recinti. 

Come annuncia la polizia di frontiera bulgara, da una autospia post mortem risulta che sono morti di assideramento. Solo quattro giorni prima, il 2 gennaio 2017, nella stessa zona, era stata ritrovata la prima vittima della Frontiera 2017 dei Balcani: il corpo di una donna somala, congelata vicino al paese di Ravadinovo. Stremata, secondo il racconto dei 31 compagni di viaggio afghani, pakistani, era stata abandonnata, perché troppo debole per proseguire. Due adolescenti dello stesso gruppo di età 14 e16 anni, sono stati portati in ospedale per inizio congelamento degli arti inferiori. Migranti con rotte, storie e sogni diversi, ma vittima della stessa morte: letteralmente di freddo. Solo i corpi ritrovati o segnalati dai sopravissuti, sono la prova della morte di gelo per migranti in transito tra monti e boschi dei Balcani. Tanti passati nella regione sud-est della Bulgaria vicino il confine turco, raccontano di aver visto cadaveri nelle foreste.

Dal 6 ottobre scorso, quel confine bulgaro-turco è pattugliato dalla nuova agenzia di controllo della frontiera Schengen, tanto voluta da Juncker, l’ European Border and Coast Guard Agency, una specie di Frontex rafforzata ( che può contare su un budget di 2016 su un budget di 238 milioni di euro); mentre Bruxelles ha già stanziato 108 milioni di euro a Sofia per costruire nuove barriere anti-migranti, oltre a quella già realizzata alla frontiera con la Turchia, e l’acquisto di 50 veicoli per la sorveglianza dei confini. Ma come notano i coordinatori dell’ong Bordermonitoring Bulgaria che monitora i diritti dei rifugiati nel paese, quelle guardie europee non sono né capace né attrezzate per impedire quei casi letali, e solo accessi legali potrebbero evitare quelle morti di frontiere.

Andrea Contenta, esperto di affari umanitari di Médecins Sans Frontières, a riguardo dei sette casi di congelamento a Belgrado nelle ultime 24 ore, aggiunge “vi assicuro che è molto più grave di quanto sembra. Il congelamento fa sì che il sangue non raggiunga le estremità del corpo, addormenta i nervi e nei casi più gravi può essere trattato solo con l’amputazione perché i tessuti muoiono. Sono certo che il numero di casi aumenterà significativamente entro la fine della settimana”. E aggiunge “l’inverno è un fenomeno naturale che non possiamo controllare. Il vero problema è la mancanza di volontà politica per cercare di soddisfare le esigenze immediate di queste persone vulnerabili. È un fallimento dell’Unione Europea, che ha chiuso gli occhi davanti al fatto lampante che le proprie politiche mal pianificate non hanno fermato il flusso di persone, ma non hanno nemmeno predisposto alternative legali per permettere loro di viaggiare in modo sicuro”.

Racconti da Seconda guerra mondiale, di marce forzate nel gelo, di morte per esaurimento e freddo. Eliminazione. Non Siberia 1917, non Germania 1945: Europa 2017. Il 3 gennaio scorso, su un altro confine a Nord della Grecia, nella cittadina frontaliera di Didymoteicho, un ventenne afghano è deceduto dopo aver attraversato il fiume Evros. Le autorità vicino al confine turco, hanno tra l’altro segnalato un aumento di migranti che tentano la traversata (disperata) nella regione dell’Evros, la rotta balcanica infatti non essendo “chiusa”.

Il 26 dicembre dell’anno scorso, nel silenzio dei media, un giovane irachene raccontava di essere stato costretto dai trafficanti a abandonnare la propria sorella mentre passavano il confine bulgaro, perché stremata stentava a camminare. Communicate le coordinate alle autorità serbe, non si è potuto salvarla, era troppo tardi. A novembre scorso, un ragazzo afghano diciottene era stato già ritrovato morto dal lato bulgaro, nel villagio di Kosovo, sito a un kilometro dal confine serbo; una provincia, quella di Vidin, non nuova a questi “incidenti”: già nell’inverno 2014, quattro rifugiati erano morti di gelo nei pressi di Kireevo e a settembre 2016, cinque profughi, tra cui 4 bimbi, sono annegati nel Danubio; in questo caso probabilmente un tentativo di passare il confine andato male.

Ma anche le deportazioni illegali, in aumento da mesi sulla rotta balcanica, come denuncia Unhcr, possono aver esiti mortali. L’ipotermia fu evitata a due donne curdo-siriane e un bimbo di due anni il 17 dicembre scorso, in una deportazione illegale da Belgrade sul confine bulgaro, grazie ai soccorsi mandati in tempo, da un’attivista di Info-Park (un associazione locale che offre assistenza ai rifugiati nel cuore di Belgrado). Il gruppo di 7 richiedenti asilo era stato assegnato un posto nel campo di accoglienza di Bosiljgrad, a centro-sud della Serbia. Saliti a bordo del bus che li trasferiva, le cosiddette joint forces, li hanno fatto scendere dal bus e abandonnati nei monti sul confine serbo-bulgaro a temperature di 11 gradi sotto zero. Ipotermia evitata in una questione di ore. Quanti altri casi e quanti sono i profughi morti negli ultimi anni sui confini balcanici? “Nel caso della famiglia curdo-siriana, abbiamo le prove che si tratti di una deportazione illegale, specifica, e che se nessuno avesse reagito in tempo, sarebbero morti di ipotermia in quache ore; Ma non sappiamo se in queste colline e boschi confinanti con la Bulgaria o la Macedonia, altri migranti sono scomparsi, e quanti”, mi risponde Miodrag, attivista di Info-Park. Il numero esatto di morti sui confini dell’Europa, tra paesi balcanici, non si saprà probabilmente mail. Non esiste alcuna statistica ufficiale esaustiva su questi morti sui confini, solo rapporti dell’Unhcr, di ong locali, o dalle polizie di frontiere di ritrovamento dei corpi, o dai diretti sopravvisuti svelano l’orrore invisibile vissuto dagli migranti intrappolati, in transito o respinti tra confini chiusi.
Non solo le basse temperature, ma l’indifferenza dell’Europa, rischia di diventare letale questi giorni.


Flore Murard-Yovanovitch

2 commenti:

  1. Mi è stato rammentato che che i bimbi ossolani ( e non solo), furono salvati dagli elvetici che li ospitarono alla fine della Repubblica dell'Ossola per evitare di pagare sulla loro pelle le ritorsioni dei nazi fascisti.

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  2. E questA è solo la punta di un iceberg....che galleggia intorno al MONDO...

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