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mercoledì 5 ottobre 2016

Sudan. Le prove dell'uso delle armi chimiche in Darfur - Stupri e uccisioni di massa commessi da militari

Ansa
Più di 200 persone, tra le quali decine di bambini, sono state uccise in Darfur da armi chimiche utilizzate dal governo sudanese per stroncare la rivolta dei ribelli e venire a capo, a suo modo, di quella guerra dimenticata che dal 2003 ha provocato 300.000 morti e due milioni di sfollati. 
Lo rivela Amnesty International denunciando "stupri e uccisioni di massa" e l'uso di armi chimiche "30 volte" nel corso dell'offensiva lanciata da Khartoum in gennaio nella zona di Jebel Marra.

Il governo di Omar al Bashir nega, e attraverso l'ambasciatore all'Onu Omer Dahab Fadl Mohamed, fa sapere che "le accuse di uso di armi chimiche da parte delle forze armate sudanesi è privo di senso e inventato". Ma la documentazione fornita da Amnesty non lascia grandi spazi a dubbi: foto, video, e testimonianze dei sopravvissuti. "La scala e la brutalità di questi attacchi è difficile da esprimere a parole", afferma Tirana Hassan, direttore dell'Ufficio per la ricerca sulle crisi dell'Organizzazione

Il Darfur dal 2003 e' teatro di un conflitto tra la maggioranza nera della popolazione, composta da tribu' stanziali, e la minoranza nomade originaria della Penisola arabica, maggioritaria invece nel resto del Sudan. Ribelli sono insorti contro il governo di Khartoum accusandolo di discriminare e abbandonare la popolazione del Darfur: in seguito alla risposta armata del Sudan, finora vi sono stati circa 300 mila morti e due milioni di sfollati. A gennaio, le forze sudanesi hanno lanciato una nuova offensiva contro le roccaforti dei ribelli guidati da Abdul Wahid, nella zona di Jebel Marra dove ci sono stati pesanti bombardamenti che di fatto colpiscono la popolazione civile.

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