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lunedì 31 ottobre 2016

Migranti: agenzia Ue, Italia carente su protezione minori. Forte riluttanza ad accogliere in piccoli comuni

Ansa
Bruxelles - "La tutela dei diritti dei minori non accompagnati che arrivano in Europa è a rischio e le risposte comunitarie continuano a essere carenti". E' il monito dell'Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra), che in uno studio sulla situazione in sette Paesi Ue soggetti ai principali flussi migratori - Austria, Bulgaria, Germania, Grecia, Italia, Ungheria e Svezia -, cita più volte l'Italia come esempio negativo.

Secondo lo studio, condotto da settembre 2015 a settembre 2016, dare ai minori non accompagnati "adeguate strutture specializzate" resta "una sfida" in vari Paesi, "come Bulgaria, Ungheria e Italia". Nel documento, l'Italia è citata per la carenza di informazioni fornite ai minori "riguardo ai propri diritti e alla protezione internazionale" e per i ritardi nella nomina dei tutori, "fino a otto mesi", che impediscono "l'accesso all'accoglienza e al ricongiungimento famigliare".

Le procedure d'asilo per i minori si rivelano un percorso a ostacoli e, in Italia, Grecia e Bulgaria, "sono spesso state avviate senza la presenza di un tutore".
Agenzia Ue, in Italia forte riluttanza ad accogliere migranti in piccoli comuni
Su sette Paesi che lo scorso anno sono stati soggetti ai più massicci flussi migratori in Ue, l'Italia è quello che ha fatto registrare "la più forte riluttanza locale a ricevere" migranti e richiedenti asilo, "in particolare nei piccoli comuni". 
Emerge da uno studio dell'Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra) sulla situazione in Austria, Bulgaria, Germania, Grecia, Italia, Ungheria e Svezia, dal settembre 2015 al settembre di quest'anno.

Sebbene diversi Paesi Ue, tra cui Italia, Austria e Germania abbiano "fatto progressi nello sviluppo degli standard di accoglienza" - evidenzia la relazione - le reazioni negative delle comunità locali verso i migranti e le strutture di accoglienza sono "in aumento". I

 motivi delle proteste sono da ricercare soprattutto nella paura di "un danno economico per la popolazione locale" e di "un indebolimento della legalità". Gli episodi "xenofobi e razzisti", si legge infine nel documento, si verificano "in luoghi trasversali in tutti i Paesi dell'Ue".

Guerra in Yemen. L'Onu vuole allontanamento presidente yemenita Hadi. 1.410 casi di colera

Il Manifesto
Il principale alleato dell'Arabia Saudita rigetta la road map delle Nazioni Unite che ne prevede l'allontanamento. Intanto aumentano i casi di colera: almeno 1.410 tra Taiz, Aden e Sanàa. Il presidente yemenita Hadi ieri ha risposto alle Nazioni Unite e alla loro road map un po' a sorpresa: "Il presidente ha ricevuto [l'inviato dell'Onu] Ismail Ould Cheikh Ahmed e ha rigettato la proposta", dice una fonte governativa. L'ha rigettata perché, per la prima volta, il Palazzo di Vetro ha chiesto la rimozione del principale alleato saudita.


Yemen - Bambine in cerca di acqua pulita
La road map - ancora non ufficialmente pubblica - prevede il ritiro dalle zone occupate e l'abbandono delle armi da parte dei ribelli Houthi (come stabilito dalla risoluzione Onu 2216), ma anche la creazione di un governo di unità senza la figura divisiva di Hadi. Il presidente dovrebbe cedere i poteri ad un premier scelto congiuntamente che poi formerebbe un esecutivo di unità. Un duro colpo per l'Arabia Saudita che, infatti, non commenta. Lo fanno invece gli Emirati Arabi, braccio destro di Riyadh nella coalizione anti-Houthi: Abu Dhabi ha dato il suo ok alla proposta Onu, che però senza l'approvazione saudita resterà lettera morta. 

E il conflitto va avanti con il suo carico di morte: l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha denunciato un aumento repentino dei casi di colera, 1.410, per lo più nelle zone di Aden, Taiz e Sanàa.


Chiara Cruciali

Pakistan - pena di morte: la Corte suprema "il detenuto schizofrenico può essere impiccato" il 2 novembre

Corriere della Sera
Dopo una serie di rinvii all'ultimo minuto Imdad Ali - il cittadino pachistano condannato a morte nonostante sia affetto da schizofrenia paranoide - ha davanti a sé un'altra data di esecuzione: mercoledì 2 novembre. 



Ali aveva iniziato a star male nella seconda metà degli anni Novanta. Suo padre soffriva a sua volta di schizofrenia: una volta si era lanciato contro un treno, pensando di essere invincibile. Per anni, la famiglia aveva chiesto aiuto per pagare le medicine necessarie per curare Ali. Che nel 2002, in una fase acuta del suo disturbo mentale, uccise uno studioso di religione.

Dopo la condanna a morte, gli esami medici cui Ali è stato sottoposto sono giunti tutti alla medesima conclusione: il prigioniero è "insano di mente" e la sua condizione mentale è "cronica e disabilitante". Tuttavia, negli ultimi giorni la Corte suprema ha dato il via libera all'esecuzione sostenendo che la schizofrenia non è espressione di un disordine mentale. 

Sono così riprese le proteste, dalle Nazioni Unite, delle organizzazioni non governative (Amnesty International, Human Rights Watch e Reprieve in testa) ma anche di un folto gruppo di psichiatri del Pakistan.

Riccardo Noury

domenica 30 ottobre 2016

Turchia, Erdogan: parlamento voterà su ritorno pena di morte, verrà approvata e io la ratificherò

AFP
Una proposta di legge per ristabilire la pena di morte verrà sottoposta al Parlamento turco. L'ha affermato il presidente Recep Tayyip Erdogan.

"Il nostro governo sottoporrà (la proposta per il ristaiblimento della pena di morte) al Parlamento. 

E io sono convinto che il Parlamento l'approverà e, quando arriverà davanti a me, io la ratificherò", ha detto Erdogan durante un discorso ad Ankara in risposta alla folla che reclamava la pena capitale per i golpisti di luglio.

Iraq: Onu, Isis usa 8 mila famiglie come scudi umani a Mosul. 232 persone eseguite.

Agenzia Nova
Baghdad - Lo Stato islamico sta usando 8 mila famiglie come scudi umani nei dintorni di Mosul. Lo ha detto la portavoce dell'Alto commissariato Onu per i diritti umani, Ravina Shamdasani, parlando oggi alla stampa da Ginevra. 


Si tratta di circa 20 mila persone portate nella città per fare da scudi umani intorno alle postazioni militari del gruppo terroristico. La Shamdasani ha poi aggiunto che i jihadisti hanno mercoledì scorso giustiziato almeno 232 persone che si erano rifiutate di eseguire i loro ordini. 

“Mercoledì scorso ci è giunta notizia dell’uccisione di 232 persone fucilate e tra loro ci sono 190 ex ufficiali delle forze di sicurezza irachene e 40 civili i quali si erano rifiutati di eseguire gli ordini. Abbiamo report e testimonianze che parlano di molte persone fucilate per essersi ribellate al gruppo. 

Negli ultimi giorni le persone uccise potrebbero essere molte di più”. Intanto fonti di Mosul contattate dall’emittente televisiva “al Arabiya” hanno rivelato che circa 2 mila civili sono bloccati da due settimane nella zona di Qada Taklif, nella parte nord di Mosul, a poca distanza dalle forze armate irachene. Queste persone chiedono di essere salvate e portate nei campi profughi e circolano notizie sulla morte di due bambini in quella zona per fame. (Irb)

Foto of the day - Fedeli in preghiera davanti alla Basilica di S. Benedetto a Norcia crollata

Blog Diritti Umani - Human Rights




Basilica di S. Benedetto a Norcia - Prima e dopo il sisma delle 7,41 - Magnitudo 6.5 




sabato 29 ottobre 2016

Nigeria - 9 morti negli attacchi terroristici nel campo con 16.000 profughi di Maiduguri - Sospetti su Boko Haram

Ansa
Almeno 9 persone sono morte in seguito a due attentati avvenuti a Maiduguri, in Nigeria, probabilmente per mano di Boko Haram. Lo riferiscono alcuni funzionari e testimoni. Il primo attacco è avvenuto quando due kamikaze hanno cercato di farsi largo in un campo che ospita 16mila profughi. 



Un testimone, Inuwe Sula, ha raccontato di aver visto almeno sei cadaveri portati fuori dal campo di Bakassi e altri feriti "ricoperti di sangue". Il secondo attacco è avvenuto mezz'ora dopo dal primo quando altri due kamikaze si sono fatti esplodere a bordo di un veicolo a tre ruote: almeno due i morti.

Guinea - Sposarsi bambine può uccidere, l'istruzione può salvare. Gli interventi di Sant'Egidio a Bissau

www.santegidio.org
La storia di Ramatulai che voleva andare a scuola

Ogni anno almeno 15 milioni di ragazze minorenni sono costrette al matrimonio, un terzo di loro ha meno di 15 anni. I dati forniti dall'Unicef in occasione della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze sono allarmanti e rivelano una realtà di abusi e violenze purtroppo ancora diffuse a livello globale. 


Se ne è parlato il 16 ottobre a Bissau in una conferenza organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio dal titolo "Sposarsi da bambine può uccidere, l'istruzione può salvare", dove sono state denunciate gravissime violazioni dei diritti delle ragazze, ed in particolare il tema del matrimonio precoce, che ruba l'infanzia e la vita di tantissime giovani in Africa, in particolare in Guinea-Bissau.

Oggi in Guinea Bissau migliaia di ragazze sono invisibili: vittime del matrimonio precoce, sono obbligate a sposarsi con uomini adulti. La pratica delle "spose-bambine", ancora molto diffusa, non solo minaccia seriamente la salute sia fisica che psicologica di queste giovani, ma anche le sottrae alla scolarizzazione, privandole dell'ambiente protettivo della famiglia di origine.

L'accesso all'istruzione può salvare la vita delle bambine e delle ragazze: quelle che arrivano all'istruzione secondaria è rilevato statisticamente che hanno meno probabilità di sposarsi precocemente di quanto non accada alle loro coetanee che non sono andate a scuola.

La scuola rappresenta quindi un luogo reale di protezione dagli abusi, dallo sfruttamento, dai matrimoni e dalle gravidanze precoci.Tuttavia in Guinea Bissau spesso l'istruzione è ancora negata a molte bambine per diversi motivi: religiosi, tradizionali o ideologici. E ancora molte vengono isolate, escluse dall'amicizia con i coetanei e con gli altri membri della società, e soffrono così di pesanti ripercussioni nella sfera affettiva, sociale e culturale.

La storia di Ramatulai
La Comunità di Sant'Egidio di Bissau ha iniziato una grande battaglia contro il fenomeno delle "spose-bambine" quando ha incontrato Ramatulai, una ragazzina di 13 anni, in un quartiere della periferia.

In famiglia sono 6 figli: i suoi cinque fratelli vanno tutti a scuola, ma lei no. I progetti su Ramatulai sono altri: sposarla con un uomo adulto amico di suo padre. Un giorno trova il coraggio di dire ai genitori che non vuole, che vuole andare a scuola anche lei. Viene picchiata e segregata dai genitori e dai fratelli, tutti concordi nell'impedire la sua "ribellione".

Alla fine Ramatulai riesce a scappare di casa. Viene accolta nella famiglia degli zii, in un altro quartiere di Bissau, frequenta la Scuola della Pace della Comunità di Sant'Egidio, è felice e ha un progetto: da grande vuole fare la maestra, insegnare alle altre ragazze a leggere e a scrivere per salvare la loro vita. Il grande sogno di Ramatulai è anche il nostro sogno per lei e per tante bambine, in Guinea e non solo.

Sgombero Giungla Calais - Il dramma di 1200 minori non accompagnati. 100 di loro sono dispersi.

VITA
Al terzo giorno di sgombero, mentre metà campo va a fuoco - in seguito a una protesta degli stessi occupanti - il dramma dei 1200 minorenni non accompagnati entra nel vivo con i primi segnali di sparizioni: "per ora un centinaio di loro non ha risposto all'appello, mentre 400 non sono stati ancora registrati e non viene detto loro nulla sui passi da fare, sono in balia di sé stessi e quindi facili prede dei trafficanti", spiega la portavoce in loco di Save the Children


“Un’ora fa il 50% del campo di Calais era in fiamme, molta gente ha lasciato i propri vestiti all’interno, ora c’è una calma del tutto particolare e non si sa bene cosa accadrà nelle prossime ore”. Sono le prime parole che ci dice Valenita Bollenback, portavoce dell’ong Save the children in questi giorni in prima linea nel monitorare le dinamiche dello sgombero messo in atto dalle autorità francesi dei 6mila migranti che vivono in quella che è stata ribattezzata la ‘Giungla’ di Calais proprio per le ardue e fragili condizioni di vita degli abitanti.

Il focus di Save the children, presente in loco assieme ad operatori e volontari di varie altre associazioni umanitarie, è sui minori: “ci troviamo di fronte a una situazione drammatica, perché su una presenza stimata di 1200 minori, in questo momento sono non più di 700-800 quelli già registrati dalle autorità per poi trovare un alloggio temporaneo, di cui 200 quelli inviati in strutture in Gran Bretagna”, continua Bollenback, “gli altri attendono ore in coda la registrazione ma poi, una volta chiuse le operazioni – sia ieri che oggi prima di pranzo – rimangono in balia di sé stessi, con il rischio di finire nelle mani dei trafficanti”. Un rischio enorme e tangibile, dato che nell’ultimo sgombero, lo scorso aprile, ben 129 msna (minori stranieri non accompagnati) erano risultati scomparsi.

“In questo caso la preoccupazione è ancora maggiore perché la portata dello sgombero è più ampia. Almeno 100 minori registrati ieri, tra l’altro, sono già risultati assenti all’appello di questa mattina”, denuncia Bollenback. Le forze dell’ordine, infatti, ribadiscono che si fermeranno solo a opera conclusa del tutto, senza però fornire ulteriori informazioni né alle ong né ai migranti. “Poco fa avevo quattro minori seduti al mio fianco, erano atterriti e in lacrime perché non sapevano cosa sarebbe successo loro”, racconta ancora la portavoce di Save the children, che con l’ente Refugee youth service ha allestito punti informativi per i msna lungo le direttrici del campo.

Il lavoro di advocacy dell’ong è costante e pressante, “soprattutto per garantire ai minori l’assistenza necessaria per evitare che si sentato esclusi dal sistema e, in preda all’impulsività, scelgano di entrare nelle reti della tratta”. Gli operatori di Save the Children sono estremamente preoccupati anche per i bambini che attualmente sono nella zona del campo attrezzata con i container, visto che alle organizzazioni umanitarie specializzate nella protezione dei minori non viene concesso di accedere.

venerdì 28 ottobre 2016

Premio Sacharov a Nadia Murad e Lamiya Aji le giovani yazide sopravvissute alle violenze dell'Isis

Gariwo - La foresta dei giusti
Il Parlamento europeo ha deciso di assegnare il Premio Sacharov 2016 - il massimo riconoscimento dell’istituzione europea per la difesa dei diritti umani - a due ragazze yazide rapite dall’Isis, Nadia Murad e Lamiya Aji.

Nadia Murad e Lamiya Aji
Entrambe originarie del villaggio di Kocho nel Sinjar, nel nord dell'Iraq, Nadia e Lamiya sono state fatte schiave da parte dello Stato islamico e sono diventate portavoce delle donne colpite dalla campagna di violenza sessuale dell’Isis. Le ragazze appartengono alla comunità yazida, oggetto di una campagna di genocidio da parte di Daesh, che dall’agosto 2014 hai iniziato a distruggere villaggi e massacrare la popolazione.

Proprio il 3 agosto 2014 i jihadisti hanno eliminato tutti gli uomini di Kocho, prendendo in schiavitù le donne più giovani e i bambini. Le ragazze, come Nadia e Lamiya, sono state vendute e sfruttate come schiave sessuali.

Lamiya è stata venduta cinque volte tra i militanti e costretta a fabbricare esplosivi a Mosul, dopo aver visto lo sterminio degli uomini della sua famiglia. Nadia ha trascorso tre mesi nelle mani dei suoi aguzzini, subendo violenza collettiva e individuale e assistito all’uccisione di sua madre - troppo vecchia per diventare schiava sessuale - e di sei dei suoi fratelli. Nel novembre 2014 Nadia è riuscita a fuggire con l'aiuto di una famiglia che l'ha portata di nascosto al di fuori della zona controllata dall’Isis. Da quel momento, la sua voce è arrivata anche all’ONU per denunciare il genocidio di cui è vittima il suo popolo. "Ci hanno portati a Mosul con oltre 150 altre famiglie yazide - ha dichiarato Nadia di fronte al Consiglio di sicurezza - In un edificio c’erano donne e bambini che venivano scambiati come fossero regali. L’uomo che ha preso me, mi ha chiesto di cambiare religione. Ho rifiutato. Poi ha chiesto la mia mano per sposarmi, per così dire. Quella notte mi ha picchiata. Mi ha chiesto di togliermi i vestiti. Mi ha portata in una stanza con le guardie, e lì hanno commesso il loro crimine fino a quando sono svenuta. Vi imploro, eliminate Daesh [ISIS] completamente."

Il nome di Nadia Murad è stato inserito nella lista dei candidati al Premio Nobel per la pace 2016.

“Siamo di fronte a crimini contro l’umanità, che non dovrebbero più avere luogo nel 21esimo secolo. - raccontava Nadia al Festival dei Diritti Umani, pochi mesi dopo la dedica di un albero del Giardino dei Giusti di Milano a un’altra donna yazida, Vian Dakhil - I cadaveri dei miei fratelli, dei miei parenti, di chi viene ucciso, non possono rimanere esposti all’aria senza essere sepolti. Le campane delle chiese delle nostre città non devono fermarsi. L’uomo non può essere una merce, non può essere privato della sua libertà”.

Immigrazione. Sorpasso: più italiani all'estero che stranieri in Italia!

La Repubblica
Nel 2015, per la prima volta dopo molti anni, il numero di cittadini italiani residenti all'estero ha superato quello dei cittadini stranieri residenti in Italia. 
Il dato consolidato Istat segnala un ribaltamento del trend. 


Il ritratto multietnico del paese nel Dossier statistico del centro studi Idos. Gli immigrati sono l'8,3% della popolazione, contribuiscono al sistema pensioni con oltre 10 miliardi di contributi e sono determinanti in diversi settori, dall'assistenza alle famiglie all'agricoltura. Oltre mezzo milione di imprese

E' quanto emerge dal Dossier Statistico Immigrazione 2016, realizzato dal Centro studi Idos e della rivista Confronti, in collaborazione con l'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni) e presentato oggi a Roma. Secondo i dati Istat citati nel dossier, sono infatti 5 milioni e 26 mila gli stranieri residenti nel nostro Paese nel 2015 contro i 5 milioni e 200mila italiani che, in base ai dati delle anagrafi consolari, risiedono fuori dalla madrepatria. Nel 2014, gli italiani all'estero e gli stranieri in Italia si equivalevano.

Il Dossier statistico Idos, però, aggiunge la stima sulle presenze effettive, che contemplano anche coloro che pur avendo un permesso di soggiorno non hanno preso la residenza: con questo criterio, gli immigrati regolari nel nostro Paese sfiorano i 5 milioni e mezzo, ai quali vanno aggiunti 1.150.000 che hanno già acquisito la cittadinanza italiana.

Cinque milioni e mezzo di "nuovi italiani" - Nel dettaglio, il rapporto stima che gli stranieri regolarmente in Italia siano 5 milioni e 498 mila (ai quali si aggiungono 1.150.000 di cittadini di origine straniera che hanno acquisito negli anni la cittadinanza italiana). Provengono in maggioranza da Romania (22,9%), Albania (9,3%), Marocco (8,7%), Cina (5,4%), Ucraina (4,6%). Il loro apporto, secondo il dossier, è "funzionale dal punto di vista demografico". Da anni infatti la popolazione in Italia è in diminuzione. "Questa tendenza peggiorerà, trovando tuttavia un parziale temperamento nei flussi degli immigrati - si legge nel Dossier - ; l'Istat ha ipotizzato, a partire dal 2011, una media di ingressi netti dall'estero superiore alle 300mila unità annue (livello rispetto al quale in questi anni si è rimasti al di sotto), per discendere sotto le 250mila unità dopo il 2020, fino a un livello di 175mila unità nel 2065".

Siria. La guerra folle! Scuole nel mirino di raid e terroristi nel Nord: 30 bambini uccisi

TGCOM24
LʼUnicef aggiorna il bilancio delle vittime dei bombardamenti di Idlib: 22 alunni e sei insegnanti morti nel crollo di un istituto, mentre ad Aleppo trucidati sei scolari
Scuole siriane nel mirino: negli ultimi due giorni nel Nord del Paese tre istituti sono stati colpiti dai raid governativi e dai terroristi.
 
E si contano circa 30 bimbi morti. 


La prima mattanza tra i banchi a Idlib, nel Nord-ovest: 22 scolari e 6 insegnanti uccisi sotto i bombardamenti contro gli insorti, secondo l'Unicef. Sulla vicenda è intervenuta Mosca: "Non c'entriamo". Mentre ad Aleppo, sei bambini sono stati uccisi da "terroristi", tre in classe e tre a casa, come riporta l'agenzia siriana Sana, controllata dal governo di Damasco. Il grido di Save The Children: "Sono crimini di guerra".

L'attacco a Idlib Per l'Unicef, i raid che hanno colpito le due scuole a Idlib, sarebbero il più grave attacco su una scuola compiuto dall'inizio del conflitto nel Paese, con i 22 bimbi uccisi e i 6 insegnanti. L'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) parla di almeno 35 morti, tra cui 11 minori. Sulla vicenda è intervenuta la Russia. Il portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, come riporta la Tass, ha riferito: "Mosca non c'entra nulla e chiede alle istituzioni internazionali di iniziare subito un'inchiesta sull'omicidio dei 20 studenti".

La strage dei bimbi ad Aleppo Giovani vite perse anche nella città contesa di Aleppo. Sei bambini sono stati uccisi da "terroristi", secondo i media governativi siriani, che accusano gli oppositori armati di aver sparato razzi contro una scuola nel quartiere occidentale. L'agenzia siriana Sana, controllata da Damasco, afferma che tre minori sono stati uccisi nel bombardamento di artiglieria compiuto da "terroristi" contro una scuola e che altri tre sono morti nel bombardamento mentre si trovavano nella loro casa.

Il grido di Save The Children "Siamo sconvolti dalla notizia dei bombardamenti su una scuola a Idlib in Siria, che avrebbe causato la morte di 22 bambini. Non ci sono giustificazioni per gli attacchi a scuole o ad altre infrastrutture civili come gli ospedali, che dovrebbero essere localizzati dalle parti in conflitto: eppure tragedie di questo tipo continuano a verificarsi in Siria," afferma Nick Finney, direttore di Save the Children nel Nord-ovest della Siria.

"Delle 60 scuole supportate da Save the Children ad Idlib e nella vicina Aleppo, solo nel 2016 sono state 44 quelle colpite da bombardamenti e molte sono state gravemente danneggiate", prosegue Finney. "La maggior parte di questi attacchi sono avvenuti negli ultimi mesi, con l`intensificarsi delle violenze in tutto il Nord-ovest della Siria. 

Quest'anno, almeno 20 tra studenti e insegnanti delle nostre scuole sono rimasti uccisi o feriti: un tributo terribile pagato da civili innocenti. 

Chiediamo che si ponga immediatamente fine agli attacchi contro le scuole e che vengano accertate le responsabilità di chiunque bombardi oppure occupi una scuola. Questi attacchi costituiscono un potenziale crimine di guerra e devono essere oggetto di un'indagine internazionale", conclude Finney.

giovedì 27 ottobre 2016

Grecia, dove i baby migranti finiscono in galera. I centri di accoglienza sono pieni.

La Repubblica
Se un minorenne fugge dal suo Paese da solo e cerca rifugio nel Paese ellenico, rischia di finire in prigione. Motivo: mancano i posti in centri d'accoglienza più adeguati. 

Ora però le autorità e le Ong, sottoposte a forti pressioni, stanno operando per migliorare la situazione. Quando approdò in Grecia, il 17enne Ahmed si credeva al sicuro. Non immaginava certo che proprio qui sarebbe finito in galera. Stava per raggiungere il confine con la Macedonia, nei pressi di Idomeni, quando la polizia greca lo ha arrestato e rinchiuso per 40 giorni in un carcere insieme a detenuti adulti. Un giorno, mentre cercava di vedere la TV come gli altri carcerati, è stato improvvisamente agguantato dalle guardie: "Mi hanno trascinato nell'ufficio degli interrogatori, si sono messi a urlare e a darmi botte sulla schiena".
Ahmed, smilzo adolescente siriano proveniente da Daraa, nel Sud della Siria, non è mai riuscito a capire quale colpa avesse commesso per essere punito in quel modo. "Nessuno mi ha spiegato perché mi tenevano in carcere". 

Dal marzo scorso vive ad Atene, presso un centro d'accoglienza. I suoi genitori erano fuggiti in Libano già prima della guerra, e suo fratello aveva trovato rifugio in Gran Bretagna. "Ero solo e volevo raggiungerlo". All'epoca, in febbraio, le frontiere erano ancora aperte. 

La legge greca stabilisce che dal momento in cui gli agenti di polizia fermano un profugo minorenne non accompagnato, devono risponderne fino a quando non venga accolto in una struttura adeguata. Ma i centri d'accoglienza sono stracolmi. Dunque, teoricamente è solo per proteggerli che in un primo tempo la polizia tiene i minori in stato di reclusione, non di rado in promiscuità con detenuti adulti

Attualmente, secondo i dati forniti dalle autorità locali, i posti esistenti nelle strutture adatte alle esigenze dei minori non accompagnati sono in tutto 1.110, contro 2.500 migranti ragazzini attualmente bloccati in Grecia.

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Accoglienza rifugiati. Nardella: "Premiare i comuni accoglienti e sanzioni ai comuni che dicono no"

Corriere della Sera
Intervista al sindaco di Firenze Nardella
E ha scritto: «Pregherei di considerare come criterio di ripartizione all’interno della Regione non soltanto la percentuale di popolazione, ma anche la presenza nelle strutture governative, andando ad individuare prioritariamente quei Comuni che ad oggi non si sono attivati per l’accoglienza».

Il sindaco di Firenze Nardella in un
centro di accoglieiza per rifugiati 
Dunque lei, che è il sindaco di Firenze, si oppone alla distribuzione disposta dal governo?
«Noi pensiamo che accogliere queste persone sia giusto e doveroso. Noi diciamo semplicemente che la nostra quota di stranieri ospitati l’abbiamo già raggiunta e invece altri continuano a rifiutare. Vogliamo soltanto che sia riequilibrata la situazione».

Che cosa vuol dire?
«Noi siamo oltre il 12 per cento delle quote dovute, mentre ci sono varie altre Regioni che sono sotto quota, come Lombardia, Lazio, Campania, Emilia Romagna, Puglia, Valle d’Aosta. Vorrei evidenziare che a Firenze abbiamo una media di 3,5 richiedenti asilo per ogni 1.000 abitanti e quindi siamo anche oltre il tetto fissato dall’accordo tra il ministero dell’Interno e l’Anci, l’associazione dei Comuni».

Solo 2.600 Comuni su 8.000 accettano gli stranieri. Lei crede che bisognerebbe imporre l’obbligo di accoglienza?
«No, basterebbe prevedere sanzioni per i Comuni che non collaborano. Premiamo i virtuosi e penalizziamo chi dice no».

Può fare un esempio concreto?
«È semplice: tu rifiuti l’accoglienza e io non ti concedo le agevolazioni che generalmente il governo assegna ai Comuni. Penso agli sgravi fiscali, allo sblocco degli investimenti».

Ne ha parlato con il presidente Matteo Renzi?
«Il mio interlocutore in questo caso è il ministro dell’Interno Angelino Alfano e io sono d’accordo con il suo piano. In ogni caso è stato proprio Renzi a chiedere all’Europa di sanzionare i Paesi che non accettano i ricollocamenti, quindi è un meccanismo che si può prevedere».

Non sarebbe meglio allestire grandi strutture?
«Io sono contrario a modelli tipo Calais. Si è visto bene che cosa è accaduto in Francia e quindi replicarlo in Italia sarebbe un grave errore».

Però consentirebbe di assistere le persone senza problemi.
«No, non sono d’accordo. Si tratta di uomini, donne e bambini che scappano dalla guerra e dalla miseria. Hanno bisogno di trovare posto in luoghi confortevoli. Noi almeno siamo impegnati in questo modo».

Perché parla al plurale?
«Firenze è una città metropolitana. In 38 Comuni su 40 ci sono stranieri. Abbiamo sempre fatto il massimo. E continueremo a farlo, ma non possiamo essere lasciati soli. E soprattutto non si può consentire che ci sia chi si impegna e chi sta a guardare».
Però chi si impegna viene premiato con un contributo notevole. Le sembrano pochi 500 euro per ogni profugo ospitato?
«Mi sembra che sia una cifra giusta, il riconoscimento di un impegno concreto che serve proprio ad incentivare chi aiuta».
Però non evita situazioni come quella di Gorino.
«Purtroppo credo che in quel caso ci sia stata una forte strumentalizzazione politica. Il risultato di un atteggiamento irresponsabile che in alcuni luoghi fomenta la protesta senza rendersi conto che le conseguenze potrebbero essere disastrose».

Si riferisce alla Lega?
«Non è difficile capirlo».

di Fiorenza Sarzanini

Trovati 25 migranti morti su gommone. Unhcr: 2016 tragico record, 3800 morti nel Mediterraneo

Internazionale
Venticinque migranti trovati morti su un gommone al largo della Libia. Lo ha annunciato l’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere che ha soccorso i sopravvissuti. 



Msf ha soccorso anche 107 superstiti dallo stesso barcone e altre 139 persone da un’altra imbarcazione. “Dopo aver soccorso le 139 persone del secondo gommone, siamo tornati al primo e abbiamo scoperto che i corpi sul fondo erano 25, probabilmente vittime di asfissia, sommersi da uno strato di benzina e acqua di mare”, ha raccontato Michele Telaro di Msf. 

Nel 2016 secondo l’Unhcr 3.800 persone hanno perso la vita durante la traversata del Mediterraneo.

mercoledì 26 ottobre 2016

Continua lo sgombero di Calais - Incerta la sorte di 1500 minori che hanno la famiglia oltremanica

Vita
Continuano i trasferimenti dei circa 8mila migranti bloccati a Calais e mentre le tensioni crescono, la Gran Bretagna sospende anche il ricongiungimento familiare dei minori non accompagnati che hanno famiglia oltremanica. Sempre più incerto il futuro di 1.500 ragazzi, alcuni di loro non hanno nemmeno 13 anni

Migranti minori sgomberati a Calais
Continua lo sgombero a Calais, mentre i numeri relativi al bilancio della prima giornata si rincorrono. Sarebbero 2.318 i migranti trasferiti secondo il governo ma, secondo la sindaca Natacha Bouchart, in realtà non raggiungerebbero i 1.400. E mentre l’operazione di sgombero sembra ancora lunga, la tensione è destinata a crescere.

Il quotidiano britannico The Guardian riporta di alcuni tafferugli scoppiati questa mattina. Tensioni anche tra la polizia e alcuni minori non accompagnati, riuniti in un’area ristretta e costretti a stare in fila. Alcuni impazienti di aspettare, hanno cercato di passare davanti alla fila e sarebbero stati respinti dalla polizia.

Christian Salome, direttore dell’Ong, Auberge des Migrants, che opera a Calais dal 2008, in realtà ha dichiarato all’agenzia AFP che il processo «sta funzionando bene perché dopotutto, queste persone stavano aspettando impazientemente di partire». Salome si è detto molto più preoccupato per la fase finale dello smantellamento, «quando gli unici rimasti saranno coloro che non vogliono partire e che vogliono ancora raggiungere la Gran Bretagna». Secondo Salome, sarebbero circa 2mila i profughi che non sono disposti a lasciare Calais.

Le autorità francesi sembrano però più ottimiste e si dicono fiduciose di poter procedere con le demolizioni entro martedì sera. E a chi pensa che questo sarà l’ennesimo tentativo fallito di sgomberare Calais, il governo francese fa sapere, attraverso le parole della sua ambasciatrice a Londra che questa sarà a volta buona: «Non li lasceremo venire qui. Deve essere chiaro che Calais è un vicolo cieco».

La situazione dei minori rimane la più delicata nel processo di smantellamento del campo, come abbiamo raccontato qui. Sono circa 1,500 i ragazzi e i bambini accampati a Calais. Le organizzazioni della società civile hanno denunciato il fatto che non sia ancora chiara la loro destinazione esatta, sottolineando il pericolo che cadano nelle mani dei trafficanti durante la confusione dello sgombero. Nell’ultima settimana circa 200 profughi sotto i 18 anni sarebbero stati ricongiunti con i familiari che già vivono nel Regno Unito, ma molti stanno ancora aspettando e non è chiaro quale sarà la destinazione esatta di chi non ha diritto al ricongiungimento familiare.

Nel frattempo anche la situazione dei ragazzi e dei bambini che avrebbero diritto ad essere accolti in Gran Bretagna, solleva dubbi. Secondo il Guardian, 1 amministrazione locale su 4 in Inghilterra, afferma di non potersi far carico di questa responsabilità. Amber Rudd ministro degli Interni britannico, ha ricordato il rigoroso processo di identificazione a cui saranno sottoposti tutti i minori prima di essere considerati idonei al ricongiungimento, dichiarando alla Camera dei comuni che la Gran Bretagna non accetterà richieste provenienti da chi è arrivato a Calais dopo lunedì 24 ottobre. Il ministero degli Interni britannico ha inoltre annunciato la sospensione temporanea dei trasferimenti dei minori dal campo, su richiesta delle autorità francesi.

Il ministro ombra degli Interni britannico, Diane Abbott, ha invece accusato Rudd di nascondersi dietro la richiesta della Francia (avanzata, pare, per facilitare le operazioni di sgombero), e di aver ritardato troppo l’identificazione dei minori idonei per il trasferimento nel Regno Unito. Abbott ha affermato inoltre che la demolizione del campo sarebbe dovuta avvenire dopo aver avuto la certezza che ogni minore potesse ricevere una giusta protezione.

Gorino - Le storie di 3 delle donne fermate dalle vergognose barricate. Sono in fuga da Boko Haram e persecuzioni

Il Fatto Quotidiano
Joy, 20 anni, è incinta all'ottavo mese: è cristiana ed è scappata per non seguire la religione animista di suo padre. "Per il mio bambino voglio il miglior futuro possibile". Belinda, 22 anni, è fuggita perché il marito è un perseguitato politico evaso di prigione "e le autorità cercavano me". Faith, 20 anni, è scampata a un attacco di Boko Haram: "Non so più nulla della mia famiglia. Ho attraversato il mare perché vorrei studiare"
Hanno gli sguardi bassi Belinda, Joy e Faith. Li alzano solo per guardare Kevin, l’interprete. Si vede che sono esauste. Non nascondo che sono impaurite. Sono sbarcate sulle coste italiane sabato notte. Un aereo le ha trasportate domenica mattina all’aeroporto Marconi di Bologna. Dopo la meta rifiutata, hanno trovato temporanea ospitalità nella sede dei servizi alla persona di Ferrara.

Joy ha 20 anni. Ha abbandonato il suo paese a fine settembre. È incinta all’ottavo mese. È scappata dalla Nigeria perché lei, cristiana, non voleva seguire la religione animista di suo padre. Per il viaggio fino in Libia ha pagato circa 420 euro. Ora, qui in Italia, vorrebbe studiare e sogna per il suo bambino “il miglior futuro possibile“. E il futuro prossimo lo immagina con ‘lui’ in braccio: “preferirei fosse un maschio, lo vorrei chiamare Michael”. Durante la deviazione forzata verso Ferrara ha accusato dei dolori alla pancia. In ospedale ha effettuato tutte le visite di controllo che hanno scongiurato complicazioni nella gravidanza. Ora la sua preoccupazione è un’altra. Al momento della partenza dalla Libia ha perso di vista suo marito Lamid e ora non sa più niente del padre del suo bambino: “Aiutatemi ad avere notizie se potete”.

Belinda ha 22 anni, viene dalla Sierra Leone. Lavorava come infermiera. È fuggita perché il marito era perseguitato politicoe quando è evaso di prigione “le autorità hanno cercato me per sapere dove si trovava, così ho dovuto abbandonare il mio paese”. Per il viaggio fino alla Libia ha pagato “circa 100 dollari”. Una volta arrivata però ha dovuto arrangiarsi e “trovare qualcuno che mi indicasse il posto da dove partono i barconi”.

Faith ha 20 anni. Ha lasciato il suo villaggio in Nigeria dopo essere scampata miracolosamente a un’incursione di Boko Haram. Ma la sua mente è ancora là: “Non so più nulla della mia famiglia, nemmeno se sono ancora vivi”. È scappata con altri profughi verso il Mali e da lì ha preso la via per la Libia. Qui ha trovato “un arabo che mi ha dato cibo e un posto dove dormire e mi ha aiutata a trovare chi poteva farmi attraversare il mare”. In Italia vorrebbe realizzare un piccolo sogno finora impossibile: “Vorrei poter studiare”.

martedì 25 ottobre 2016

Kenya - Il Presidente commuta tutte le condanne a morte. Sono 2.747 detenuti nel braccio della morte

Blog Diritti Umani - Human Rights
Il presidente Uhuru Kenyatta ha firmato la commutazione pendolarismo tutte le condanne a morte in pene detentive vita. Sono 2.747 detenuti nel braccio della morte. Tra loro 92 donne.



L'ultima commutazione della condanna a morte in ergastolo è avvenuta nel 2009 dall'allora presidente Mwai Kibaki.

Invocando il potere della misericordia di cui all'articolo 133 della Costituzione, il presidente Kenyatta ha anche firmato un mandato di perdono e liberato 102 detenuti.

Il potere della Misericordia è un potere in appannaggio al Presidente dalla Costituzione e comporta la concessione di indulto per condannati riabilitati e meritevoli di rilascio anticipato dalla prigione.

Vergogna nel ferrarese. Barricate per non ospitare 11 donne 8 bambini profughi

La Repubblica - Bologna
Il prefetto della città estense ha requisito l'ostello di Gorino per ospitare undici donne e otto bambini, in tutto cinque camere, ma gli abitanti di Goro, sul delta del Po, hanno bloccato le strade per impedire l'accesso del bus scortato dalle forze dell'ordine


La Lega Nord di Ferrara l'aveva annunciato fin dal mese di agosto: contro i profughi, alzeremo le barricate. Ed è accaduto questa sera, a Gorino, frazione del Comune di Goro, affacciato sul Delta del Po. Al prefetto di Ferrara, Michele Tortora, che ha requisito l'ostello di Gorino "Amore Natura" per ospitare undici donne e otto bambini, cinque camere in tutto, gli abitanti del paese hanno risposto costruendo barricate e bloccando le strade, per impedire il passaggio del pullman scortato dalle forze dell'ordine.

Bancali di legno sono stati posizionati in tre punti d'accesso a Gorino, che conta in tutto 600 residenti, e sarebbe in corso una mediazione con le decine di manifestanti aggregati ai blocchi. L'arrivo era annunciato nell'ambito dell'accoglienza nazionale.

Goro è un comune di meno di 4000 abitanti, che ha dato i natali alla cantante Milva. Vive di pesca, ed è tra i maggiori esportatori di vongole in Europa. E' amministrato da una lista civica, e il sindaco, dal 2011, è Diego Viviani. La decisione di requisire parzialmente l'ostello bar Amore-Natura, "tenuto conto della saturazione delle strutture già funzionanti", ha spiegato la Prefettura con una nota ufficiale, è per ospitare 11 donne, "gruppo di migranti assegnato alla provincia di Ferrara". Il prefetto ha precisato che la requisizione "ha carattere eccezionale straordinario", rivolgendo un appello "ad amministrazioni pubbliche, associazioni di volontariato e strutture ecclesiastiche affinché offrano ogni collaborazione", anche per "ulteriori esigenze", verosimili "anche a breve".

Brunella Torresin


lunedì 24 ottobre 2016

Turkmenistan. Grazia a 1.500 detenuti per 25esimo dell'indipendenza

Askanews
Il presidente del Turkmenistan ha graziato più di 1.500 detenuti in vista delle imminenti celebrazioni per il 25esimo anniversario dell'indipendenza di questa ex repubblica sovietica dell'Asia centrale: lo ha annunciato la televisione di Stato. 

"In occasione del 25esimo anniversario dell'indipendenza del Turkmenistan, 1.523 cittadini usciranno di prigione", ha indicato l'emittente quando l'uscita dall'Urss deve essere commemorata il 27 e 28 ottobre.

Simili amnistie sono state annunciate più volte in passato nel Paese, uno dei più rigidi del mondo, in connessione con importanti festività nazionali. I detenuti per delitti legati alla droga, all'omicidio o al tradimento non possono essere graziati secondo il sistema locale. Si tratta della quarta amnistia ordinata quest'anno dal presidente Gurbanguly Berdymukhamedov, 59 anni, che guida il Paese con il pugno di ferro dal 2006 e ha appena messo mano a una riforma costituzionale che gli attribuisce più poteri. Ha convocato le prossime elezioni presidenziali per il 12 febbraio 2017.

Aleppo - Bombe a grappolo il killer dei bambini. Da settembre ne sono morti 136 e 387 feriti

Blog Diritti Umani - Human Rights
Secondo il rapporto di Save The Children altri 387 sono stati feriti. Bilancio che potrebbe anche essere più grave, dato che non tutte le strutture sanitarie dell'area sono raggiungibili. Nel mondo, il 40% delle persone colpite dagli ordigni sono minori


In fuga da un attacco con bombe a grappolo
Save The Children intanto fa sapere che le bombe a grappolo, il cui utilizzo è vietato dal diritto internazionale, dal 23 settembre ad oggi hanno provocato la morte di 136 i bambini e il ricovero di altri 387 ad Aleppo, in Siria. Secondo il rapporto dell'organizzazione il numero delle vittime potrebbe essere anche maggiore, dato che non tutti gli ospedali sono raggiungibili. L'associazione umanitaria calcola che, nella parte orientale di Aleppo, siano rimasti soltanto 35 medici. Ma sono proprio i medici e gli operatori umanitari ancora presenti nell’area a raccontare dell'ampio uso fatto dei micidiali ordigni nella città sotto assedio.

Secondo il Centro di documentazione delle violazioni dei diritti umani in Siria, dal 10 settembre al 10 ottobre, sarebbero 137 gli attacchi effettuati con bombe a grappolo. Con un incremento che fa paura: si parla del 791 per cento in più rispetto alla media degli otto mesi precedenti. Si aggiunge poi il problema di molti bambini in condizioni troppo gravi per essere curati nelle strutture mediche danneggiate dai continui bombardamenti. "Sono stati colpiti scuole e ospedali e, dagli attacchi indiscriminati, non sono stati risparmiati i civili".
Cosa sono. Le bombe a grappolo vengono sganciate dagli aerei o sparate da mezzi di terra, spargendo moltissime bombe più piccole che sono in grado di colpire un’area grande come un campo da calcio. Spesso questi ordigni più piccoli restano inesplosi su terreno e vengono raccolti dai bambini. Questo spiega perché il 40 per cento delle vittime delle bombe a grappolo, nel mondo, sono minori.

L'impatto delle bombe a grappolo sui corpi dei bambini può essere devastante: una bomba di piccole dimensioni che colpisce a distanza ravvicinata può causare gravi fratture ossee, provocare la cecità o addirittura mutilarlo gravemente. Anche quando questi ordigni esplodono a maggiore distanza, i frammenti e i cuscinetti a sfera che sono contenuti al loro interno penetrano nei muscoli, causando ferite gravi. "Sono moltissime le amputazioni”, spiega il Direttore dell’organizzazione per la rimozione degli ordigni esplosivi e dei residuati bellici ad Aleppo Est.


Fonte: La Repubblica

domenica 23 ottobre 2016

Pakistan - Pena di morte - La Corte Suprema conferma che uno schizofrenico può essere eseguito

Blog Diritti Umani - Human Rights
Amnesty International ha protestato Venerdì contro una decisione della Corte suprema del Pakistan, che ha dichiarato che la schizofrenia "non è una malattia mentale permanente", ma "curabile", dando così il via libera all'esecuzione di 
Imdad Ali un malato psichico.


L'esecuzione potrebbe avvenire la prossima settimana.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno criticato la decisione, descritta da Amnesty come "sviluppo molto preoccupante".

Imdad Ali, 50 anni, è stato condannato a morte per l'omicidio di un religioso nel 2002.
Doveva essere impiccato il mese scorso, ma la sua esecuzione è stata sospesa all'ultimo momento dalla Corte Suprema. Ma adesso la sua esecuzione è annunciata per Mercoledì.

Il Pakistan ha ripristinato la pena di morte e la creazione di tribunali militari dopo il peggior subito attacco terroristico della sua storia che ha preso di mira una scuola gestita dall'esercito a Peshawar, dove più di 150 persone sono state uccise alla fine del 2014.
La moratoria sulla pena di morte è stata sospesa per atti di terrorismo, e per reati comuni, nonostante i tanti difetti e le carenze del sistema giudiziario in Pakistan. Più di 400 persone sono state giustiziate tra i 8.000 prigionieri che erano nel braccio della morte.


Fonte: AFP

Rebibbia - Bambini in carcere con la mamma dimenticati dai servizi. Niente bus per uscire

Corriere della Sera - Roma
16 bambini da 0 a 3 anni in carcere a Rebibbia con le loro mamme dimenticati dai servizi. Non c’è il bus, niente nido.
Salta il servizio che avrebbe dovuto accompagnare all’asilo quattro bimbi di due anni. 



Lettere al ministro della Giustizia Orlando, al garante dei detenuti e al Municipio
C’era una volta un bel progetto: i bimbi di Rebibbia nei nidi fuori dal carcere, ogni giorno dal lunedì al venerdì cinque «ore d’aria», un piccolo viaggio-evasione lungo la Tiburtina accompagnati dall’associazione «A Roma Insieme-Leda Colombini», strenua sostenitrice delle mamme detenute e dei loro figli. 

Una conquista enorme, per chi conosce quel mondo, aprire le porte del carcere almeno ai minori, eppure anche quest’anno, ormai per il secondo anno scolastico, il problema appare più grande delle istituzioni: senza soldi, e quindi senza bando di gara, manca anche l’essenziale servizio di trasporto per i quattro bambini - appena quattro - che hanno dato la loro adesione e vorrebbero partecipare al progetto.

«Comune e Municipio a Pasqua si presero l’impegno - raccontano dall’associazione - Cercavano 30 mila euro per finanziare il servizio, non abbiamo più avuto certezze». La prima lettera d’aiuto dell’associazione A Roma Insieme, dieci giorni fa, è arrivata ai garanti nazionale e regionale dei detenuti, Stefano Anastasia e Mauro Palma e, per conoscenza, anche al ministro della Giustizia, Andrea Orlando. «Per il secondo anno consecutivo - scrive e spiega la presidente Gioia Cesarini Passarelli - non è stato attivato il servizio di trasporto dei bambini, nei cinque giorni della settimana, dal carcere agli asili nido esterni della zona Tiburtina, mentre è per noi motivo di onore rammentare che è stata a suo tempo Leda Colombini, fondatrice della nostra associazione, a vincere questa battaglia che ha permesso ai bambini di “uscire” dal carcere per frequentare una scuola. Ci piace anche ricordare che questa battaglia vinta venne riconosciuta come una conquista reale di civiltà a livello nazionale». E invece qua, a Roma, manca la navetta: «Non hanno prodotto risultati - continua la presidente - le nostre segnalazioni ed i nostri richiami alle autorità locali: la realtà è che questo servizio da oltre un anno non è attivato, omissione che non trova alcuna giustificazione e troviamo francamente inaccettabile una sorta di rimpallo di responsabilità tra vari soggetti istituzionali (ente locale, autorità penitenziaria), che non sono stati in grado di fornire una soluzione».

Contestualmente, è partita anche una seconda lettera, questa rivolta alla presidente del IV Municipio Roberta Della Casa (M5S): «Il fatto che siano numericamente pochi i bambini del nido di Rebibbia, converrà, non attenua minimamente la gravità del danno per loro». Semmai un’aggravante: «reclusi» nell’asilo interno del carcere ci sono sedici bambini, di questi appunto solo quattro avrebbero bisogno di un passaggio, di un’auto, di un piccolo pullman, qualunque cosa possa accompagnarli verso la «normalità» dei loro coetanei.

«Adesso, con queste lettere, abbiamo sensibilizzato tutti - conclude Gustavo Imbellone dell’associazione -: speriamo si capiscano le esigenze dei bambini che già vivono in condizione di estrema fragilità».

di Erica Dellapasqua

Leggi anche da questo blog: 

In prigione con la mamma... a Rebibbia 20 bambini che hanno meno di 3 anni

Corridoi Umanitari - Domani altri 130 profughi dalla Siria in Italia in salvo dalla guerra

Blog Diritti Umani - Human Rights
In arrivo altri 130 profughi in salvo dalla guerra in Siria e dal traffico di esseri umani grazie ai corridoi umanitari!
Si può seguire l'evento attraverso i nostri canali social nel corso della mattinata di lunedì: Facebook, Instagram, Twitter su www.santegidio.org


Siamo contenti di dare una notizia che farà sicuramente piacere a tutti: tra lunedì 24 e martedì 25 ottobre un nuovo gruppo di circa 130 profughi dalla Siria arriverà in Italia, all'aereoporto di Fiumicino, con i "corridoi umanitari".

Arriveremo così a sfiorare "quota 400" persone salvate dai viaggi della morte, dai trafficanti di uomini.
Sono bambini, anziani, intere famiglie che avevano perso tutto a causa della guerra e hanno iniziato una nuova vita nel nostro Paese, accolti e accompagnati da tanti italiani, con grande generosità.

Lo sappiamo, 400 persone possono sembrare solo una goccia in mezzo al mare, ma non è così!

Non lo è per il piccolo Aboudi, di 10 anni, che ha lasciato dietro di sé le macerie di Homs e ora vive a Genova con la sua famiglia. Non lo è nemmeno per Falak, 7 anni, che grazie ai corridoi umanitari è arrivata a Roma, dove è stata operata a un occhio e ha iniziato le terapie all’ospedale pediatrico Bambino Gesù. E così per molti altri, le cui storie ci dicono che la guerra non è un destino ineluttabile.

Per l'occasione sarà presente Paolo Gentiloni, ministro degli Affari Esteri, Filippo Bubbico, viceministro all’Interno, Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Susanna Pietra, direttore dell’Ufficio Otto per mille della Chiesa valdese.

sabato 22 ottobre 2016

Il lavoro di salvataggio continua. Salvi 3.300 migranti al largo della costa libica. Trovati 7 morti

InternazionaleGli oltre tremila migranti e rifugiati sono stati soccorsi in un’operazione congiunta della guardia costiera italiana, della forza navale dell’Unione europea e di organizzazioni non governative. Nell’operazione sono stati recuperati anche sette cadaveri. Secondo l’agenzia Frontex, il numero di migranti che hanno attraversato il Mediterraneo centrale a settembre è calato del 40 per cento rispetto al mese precedente, ma i dati dei primi nove mesi del 2016 sono in linea con quelli del 2015.


Francia - Migranti: lunedì sgombero totale 'giungla' Calais

Ansa Med
Processo smantellamento campo dovrebbe durare una settimana
Parigi - Lo sgombero totale della "giungla" di Calais, insediamento nel nord della Francia dove vivono da 18 mesi fra i 5.400 e gli 8.150 migranti, comincerà lunedì alle 8 e dovrebbe durare una settimana. Lo hanno annunciato il ministero dell'Interno francese e la locale prefettura.



Il processo di smantellamento del campo comincerà "da domenica pomeriggio" con pattuglie di funzionari di servizi dell'immigrazione che "si intensificheranno" all'interno del campo per informare i migranti e convincerli a lasciare il luogo spontaneamente. Secondo la prefettura della regione Pas-de-Calais, la prefetto Fabienne Buccio ha emanato un'ordinanza con la quale concede "72 ore" agli "occupanti abusivi e senza titolo" del campo della Lande (nome ufficiale delle 'giungla') per "lasciare" il campo.
Questa direttiva non si applica ai "minori stranieri senza genitori" di cui si occuperanno due centri di accoglienza provvisori.

L'ordinanza ha cominciato ad essere affissa verso le 18 di oggi, in diverse lingue, all'ingresso della 'Giungla'. Nelle ultime settimane, nel campo c'erano ancora 6.400 migranti, stando alla prefettura, 8.143 stando alle associazioni. La zona sud del campo della Lande era stata completamente smantellata lo scorso marzo.

Immigrazione: diminuiscono gli arrivi per lavoro (che non c'è), crescono integrazione e cittadinanza

Huffigton Post
Marco Impagliazzo (Presidente della Comunità di Sant'Egidio)

Recentemente l'Istat ha diffuso un report sulla presenza, i nuovi ingressi e l'accesso alla cittadinanza dei non comunitari in Italia. Dai dati emerge che la presenza di cittadini comunitari e non comunitari nella penisola è sempre più stabile. I loro obiettivi sono i nostri. Questa gente tifa Italia. E lo fa perché vive qui da anni, parla italiano, qui ha comprato casa, qui ha aperto un'attività, è qui che ha generato figli, è qui che li ha iscritti a scuola. Se l'Italia ce la farà, ce la faranno anche loro. Se loro ce la faranno, ce la farà anche l'Italia.



Foto del giorno - Aleppo - "Quando si romperà l'assedio, ti chiederò di sposarmi" 19 ottobre 2016

Blog Diritti Umani - Human Rights
Aleppo, città martoriata dove la vita è sospesa. La guerra oltre a provocare morte e disperazione di donne, uomini e tanti bambini toglie il futuro. La foto di questo graffito spiega bene il clima di vita sospesa dove non si sa cosa succederà domani.
"Quando si romperà l'assedio, ti chiederò di sposarmi" 19 ottobre 2016

venerdì 21 ottobre 2016

Stato di emergenza in Etiopia chiuso internet. Giovani a caccia di WIFI private in angoli della città

Blog Diritti Umani - Human Rights
Dopo la dichiarazione dela stato di emergenza in Etiopia che ha stabilito varie restrizioni tra cui il blocco dell'accesso alla rete internet. I giovani sono a caccia di Wifi privare a cui connettersi nel angoli più diversi della città. Sono ormai usuali le scene documentate dalle foto prelevate de Twitter

Leggi anche da questo blog : Etiopia - Stato d'emergenza: i divieti del governo. 500 morti in manifestazioni anti-governtive





Kenya. Rilasciati 7 mila detenuti, "serve spazio per autori di crimini più gravi"

NovaLe autorità del Kenya hanno stabilito il rilascio di circa 7 mila prigionieri dalle proprie carceri, nelle quali occorre spazio per "autori di crimini più gravi". 


Lo ha annunciato il presidente Uhuru Kenyatta nel corso delle celebrazioni della Giornata degli eroi, nella quale il paese ricorda ogni anno quanti contribuirono all'indipendenza del Kenya. 

"Adesso ci sarà lo spazio per mettere dentro individui condannati per reati più gravi come la corruzione. In carcere avranno tutto lo spazio e il cibo di cui hanno bisogno", ha affermato il capo dello stato, aggiungendo che a essere scarcerati saranno colpevoli di reati minori come piccoli furti. 

Kenyatta ha ammesso nell'occasione che la corruzione resta uno dei più gravi problemi del paese, aggiungendo di aver chiesto al nuovo capo della magistratura di prestare più attenzione al fenomeno rispetto al passato.

La Somalia accusa il Kenya di scaricare i rifugiati oltre il confine senza minimo supporto

The Post Intenazionale
Le autorità somale hanno denunciato che il governo keniano sta “scaricando” i rifugiati somali sul confine lasciandoli senza il minimo supporto.Nairobi ha deciso di chiudere il campo profughi di Dadaab e rimpatriare entro la fine dell'anno 320mila rifugiati somali

Il Kenya sta rimpatriando migliaia di rifugiati somali "scaricandoli" oltre il confine. Credit: Reuters

Nairobi ha infatti annunciato a maggio che avrebbe chiuso il campo rifugiati di Dadaab che ospita oltre 320mila rifugiati somali e che li rimpatrierà entro la fine dell’anno.

Negli ultimi cinque mesi lo stato meridionale somalo di Jubaland, che confina con il Kenya, si è andato riempiendo di campi improvvisati per accogliere intere famiglie di somali espulsi da Nairobi.

Si tratta di sistemazioni estremamente precarie: scarso o nessun accesso a sanità e istruzione e forniture di acqua potabile e servizi igienici limitati se non assenti.

Le autorità locali hanno quindi lanciato l’allarme: il Jubaland non è in grado di far fronte questo ingente afflusso di persone.

La decisione del Kenya di rispedire in Somalia i rifugiati è legata all’approssimarsi delle elezioni in un clima di retorica anti-rifugiati alimentata dai timori che riguardano il gruppo estremista somalo al-Shabaab.

La mossa è stata però criticata sia dalle Nazioni Unite che da altre organizzazioni umanitarie, che sostengono sia sconsiderato forzare un numero così elevato di persone a tornare in un paese dove ancora infuria la guerra.

Iran: dopo 6 anni libero il pastore protestante condannato per crimini contro lo Stato

asianews.it
Behnam Irani ha scontato i sei anni di carcere previsti dalla condanna ed è stato rilasciato. In cella avrebbe subito abusi e maltrattamenti. Condannato a 10 anni un imprenditore statunitense di origini iraniane. Secondo l'accusa ha "collaborato" con Washington.


Behnam Irani
Dopo aver trascorso sei anni nelle carceri iraniane, il pastore protestante Behnam Irani è tornato in libertà e ha lasciato la sua cella nel carcere di Ghezel Hesar, la più grande del Paese circa 20 km a nord-ovest di Teheran. Secondo quanto riferiscono ambienti della comunità religiosa di appartenenza, l'uomo avrebbe scontato per intero i termini della pena e per questo è stato rilasciato.
Behnam Irani, 43 anni, è un cristiano protestante originario di Karaj, circa 20 km a ovest della capitale iraniana. Egli è sposato con Kristina, una cristiana armena, e hanno due figli: Rebecca di 11 anni e Adriel di 5. La conversione è avvenuta nel 1992 e, dicesi anni più tardi, la scelta di diventare pastore e guida di una comunità.

Secondo quanto racconta il presidente di Truth Ministries, Irani è stato arrestato una prima volta nel dicembre 2006 e la seconda volta ad aprile 2010; in entrambi i casi egli è finito sotto processo con l'accusa di "crimini" contro la sicurezza nazionale. Con questo capo di imputazione, prosegue DeMars, finiscono alla sbarra persone che svolgono funzioni religiose in un appartamento privato e quanti compiono proselitismo o "convertono musulmani a Cristo".

Il secondo e definitivo fermo risale al 14 aprile 2010, mentre era in corso una funzione religiosa in una casa di preghiera. Gli uomini del ministero dell'Intelligence della Repubblica islamica lo hanno prelevato, sequestrando al contempo Bibbie, materiale cristiano, dvd e altri oggetti. Rilasciato su cauzione, egli è finito a processo nel gennaio 2011 e condannato per "crimini contro la sicurezza nazionale". Alla pena di un anno, le autorità hanno sommato i cinque anni di pena (sospesa) inflitti nel 2008 in seguito al primo arresto e al primo processo.

Fin dall'inizio della sua prigionia Behnam Irani ha dovuto affrontare diversi problemi fisici e malattie; a questo si aggiungono le percosse subite per tutto il promo anno dalle guardie di sicurezza del carcere. Per questo ha subito un calo drastico della vista, difficoltà di parola e di locomozione. Ulcere e altre malattie ne hanno minato il fisico ma non la resistenza e "con l'aiuto di Dio", conclude DeMars, egli è riuscito a sopravvivere.

In Iran i gruppi protestanti evangelici non godono del riconoscimento dello Stato. Tale riconoscimento è dato alle comunità cristiane cattoliche e ortodosse, oltre a diverse altre minoranze (diverse dall'islam). Esse hanno libertà di culto e di attività sociali verso i loro correligionari, ma è loro vietato il proselitismo. Le comunità protestanti, da questo punto di vista, praticano la loro fede "nell'illegalità", talvolta insieme a pronunciate espressioni di proselitismo. Alcuni amici del pastore Benham avevano espresso il timore che lui potesse essere condannato per apostasia e giustiziato. Ma finora in Iran non è passata alcuna legge sull'apostasia.

Al rilascio del pastore protestante segue la condanna a dieci anni di carcere per un uomo d'affari statunitense di origini iraniane, incarcerato assieme al padre 80enne per "aver collaborato" con il governo "ostile" di Washington. Siamak Namazi, esperto di relazioni internazionali e consulente per diverse aziende, dovrà scontare 10 anni di prigione. In cella anche il padre Baquer Namazi, ex impiegato Unicef ed ex governatore della provincia di Khuzestan prima della Rivoluzione islamica del 1979.

In cella con condanne a 10 anni per "collaborazionismo" con gli Usa sono finite anche altre tre persone: Nezar Zaka, americano di origini libanesi e altre due persone identificate con le sole iniziati di FHA e AA. Secondo la tv di Stato iraniana Zaka avrebbe intrecciato "numerosi e profondi legami" con l'intelligence statunitense e fornito informazioni vitali per la sicurezza nazionale.