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martedì 10 maggio 2016

A 83 anni ancora dietro le sbarre, è a Cagliari la detenuta più anziana

La Stampa
“Ho spacciato per mantenere 8 figli. Non voglio morire in cella”

Cagliari - «La prima volta che mi hanno arrestato? Giuro che non me lo ricordo più». Era il 1962 e da allora per Stefanina Malu è stato un viavai continuo: quasi 30 anni di carcere, lunghi periodi di semilibertà, arresti domiciliari e persino qualche anno di libertà vera. Con i soldi dello spaccio lei ci ha cresciuto i figli. A 83 anni non ha più il carattere di un boss. La salute comincia a vacillare, la depressione avanza, ma per i giudici non è una in grado di redimersi. Il magistrato non le concede un’altra chance e così Nonna Galera resta ancora chiusa in carcere. È la detenuta più anziana d’Italia. 

Sta male e da alcuni giorni è in ospedale. Non si regge in piedi e di certo non può scendere dal letto. Per spostarsi ha bisogno di una sedia a rotelle: non può darsi alla fuga e per questo di fronte alla stanza non c’è neppure una guardia. Per incontrarla basta semplicemente indossare camice e mascherina perché nel reparto di medicina si è diffuso un pericoloso batterio. «La droga è una cosa brutta, lo so, anzi l’ho sempre saputo. Ma per me lo spaccio era un lavoro. L’unico lavoro, perché nel quartiere non ce n’era altro. Solo così potevamo vivere dignitosamente. Ho venduto di tutto, mai roba sporca. Non ho morti sulla coscienza. Ho fatto il lavoro sbagliato, però ho pagato per tutti. Ogni volta la polizia e i carabinieri hanno accusato me: mi sono presa tante condanne, ma non ero l’unica che vendeva droga in città. Adesso non ce la faccio più a stare dentro il carcere: la cella per me è diventata un inferno».

L’ultima volta che i carabinieri hanno fatto irruzione a casa sua, nel quartiere di Is Mirrionis, Nonna Galera aveva già 82 anni e stava finendo di confezionare duecento dosi. Cocaina ed eroina, tutto pronto per essere consegnato ai soliti clienti. In quel periodo Stefanina Malu era ancora ai domiciliari e in un attimo è tornata in cella. A dicembre, tre mesi dopo l’arresto, il suo avvocato ha presentato un’istanza di scarcerazione, ma per convincere il magistrato non è stato sufficiente neanche far leva su età e condizioni di salute. Ancora deve scontare un anno e mezzo ma anche lei ha perso il conto delle condanne. «In carcere mi vogliono tutti bene, ma quel posto per me è diventato insopportabile. Io li dentro non ci faccio più nulla e tutti, guardie comprese, dicono “questa donna deve andarsene a casa”. Invece, mi hanno dimenticato: mi hanno concesso solo tre ore di libertà per il funerale dei miei due figli. Forse vogliono farmi morire in cella?».

Dopo tanti anni di lavoro nel più florido mercato della droga della città, Stefanina Malu non è riuscita a diventare ricca. «Altro che ricca, per noi la vita è sempre stata difficile. Difficilissima. Se avessi fatto tanti soldi, di certo, non avrei vissuto in una casa comunale. Polizia e carabinieri mi hanno sempre trattato come il peggior delinquente del quartiere, ma non è vero niente. Ho solo messo insieme i soldi necessari per tirar su otto figli».
Nella zona di Is Mirrionis, una piccola Scampia in versione cagliaritana, nonna Stefanina era considerata una specie di capo dei capi. «Mi vogliono tutti bene, non ho mai avuto paura. Chi voleva qualcosa da me veniva a cercarmi». «A casa sua, di certo non per bere il caffè, ci siamo andati in tanti», conferma un fruttivendolo del mercato comunale di via Quirra. Le donne che passano il pomeriggio nelle panchine la rinnegano, anzi alla prima domanda su Stefanina Malu si alzano e se ne vanno. Ma il paninaro di piazza Medaglia Miracolosa non si vergogna a difenderla: «Qui la conosciamo tutti. Sappiamo tutti che ha sbagliato, ma adesso perché la giustizia si accanisce contro di lei?».
Nicola Pinna

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