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lunedì 21 marzo 2016

Immigrazione, preoccupazione di Caritas per intesa Ue-Turchia

Radio Vaticana
Continua a far discutere l’accordo Ue-Turchia sull'immigrazione raggiunto venerdì scorso ed entrato in vigore oggi. In base all'intesa, i migranti che d'ora in poi arriveranno sulle isole greche saranno rimandati in Turchia, ma già la Grecia ha fatto sapere che sarà difficile un'applicazione immediata e ieri si è registrato il caos sull'isola di Lesbo, principale porto d'ingresso dei migranti in Europa. 


Inoltre, molte ong e associazioni hanno espresso preoccupazione sul fatto “che si sia deciso di far rientrare in Turchia i migranti cosiddetti irregolari che hanno compiuto la traversata fino alle isole greche”. 

Alessandro Guarasci ha sentito Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas Italiana:

R. – Da un lato, non permettiamo, giustamente, alla Turchia di procedere con l’adesione all’Unione Europea, perché mancano i requisiti minimi, soprattutto il riferimento al rispetto dei diritti umani. Però, quando si tratta di rimandare indietro i profughi che arrivano da quel Paese, questa preoccupazione viene meno. Quindi, ci chiediamo dove sia la coerenza in tal senso. E poi anche la parte pratica, di implementazione di questo accordo, la vediamo molto, molto complicata. D’altronde, anche la nostra presidente della Camera, Laura Boldrini, ha espresso perplessità, peraltro partendo dalla sua esperienza come portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

D. – Possiamo parlare in questo caso di “respingimenti”, per cui tra l’altro l’Italia è stata anche criticata dall’Unione Europea?

R. – Sì, noi siamo stati a suo tempo condannati – l’Italia, non dimentichiamolo – per i respingimenti in mare fatti verso la Libia, dopo l’accordo con Gheddafi. Oggi, questo accordo lo stiamo facendo con il governo di Erdogan. Credo che andremo incontro agli stessi problemi. Se poi, come è avvenuto l’altro giorno, i respingimenti verranno fatti dalle forze di polizia della Turchia, questo sembra non doverci preoccupare o quantomeno qualcuno crede che non dovrebbe preoccuparci, ma il tema rimane lo stesso. E quindi, a oggi, non ci rimane che vigilare seriamente su quello che accadrà, anche perché, ripeto, pensare di avviare un sistema in luoghi come Lesbo – dove ci sarà bisogno di verificare se le persone che arriveranno saranno destinatarie di una qualche forma di protezione – lo vediamo complicato, se non quasi impossibile.
D. – Dall’agenda di questo vertice è rimasto del tutto fuori il tema dei canali umanitari. Questa possibilità non viene ancora esplorata dall’Europa?

R. – Non viene esplorata. Di tanto in tanto qualcuno tenta di inserirla, ma viene prontamente tolta dall’agenda delle discussioni a Bruxelles. Ma la cosa che preoccupa ancora di più è il fatto che non solo non si ragioni sui canali umanitari, ma anche il tema del ricollocamento, che dovrebbe essere la questione sulla quale far girare tutta questa nuova prospettiva europea di gestione, di per sé non funziona e non funzionerà, perché già alcuni Paesi, come l’Ungheria, hanno affermato che non vorranno sul proprio territorio profughi. Quindi, tutto questo messo insieme dà un quadro confuso, che costerà soprattutto ai profughi una situazione di insostenibilità, che già stanno vivendo, e che probabilmente continueranno a vivere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

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