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sabato 20 febbraio 2016

Turchia: arrestato il giornalista siriano Rami Jarrah

La Repubblica
Il reporter indipendente, molto conosciuto per essere una delle poche voci dalle zone di guerra, è stato fermato dalla polizia di frontiera e portato in una località sconosciuta. Tre settimane fa aveva incontrato Erdogan. Petizione e mobilitazione online per il suo rilascio. 

Rami Jarrah
È stato arrestato dalle autorità turche un rinomato giornalista siriano, uno dei pochi testimoni dalle zone tormentate dalla guerra civile e dagli attacchi dell'Is in Siria. L'ong siriana per la libertà di stampa e i diritti umani The Syria Campaign (Tsc) ha diffuso la notizia dell'arresto di Rami Jarrah da parte delle autorità turche lo scorso mercoledì. L'organizzazione rivela che non è stato possibile conoscere le motivazioni di questo provvedimento, salvo il fatto che Jarrah è stato interrogato dai poliziotti in merito alla sua attività lavorativa. L'arresto è avvenuto quando si è presentato alla polizia dell'immigrazione per chiedere un permesso di residenza in una zona al confine con la Siria.
Ieri notte Jarrah è stato trasferito in una località sconosciuta e nessuno dei suoi familiari, amici e colleghi al momento sa dove si trova. Gli attivisti e gli amici del giornalista hanno anche lanciato una una petizione on-line che sta raccogliendo migliaia di adesioni.
Prima di sparire Rami Jarrah sarebbe riuscito a parlare con i colleghi della sua agenzia, Ana Press, dicendo di essere detenuto ad Adana e di essere rinchiuso insieme ad "elementi dell'Is". "Ha avuto un litigio con uno di loro e ora teme per la propria sicurezza".
Rami Jarrah è un giornalista molto attivo: agli inizi della rivoluzione del 2011, come riporta tsc nella nota, ha documentato la ribellione di Damasco usando uno pseudonimo, Alexander Page, e ha usato Skype per aggirare il blocco imposto dal regime sui media. "Jarrah è conosciuto per il suo lavoro indipendente sulla guerra in Siria, svolto nel corso di tanti anni e con grande rischio", ha dichiarato Nina Ognianova, coordinatrice del Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) per l'Europa e l'Asia centrale. "I giornalisti siriani come Jarrah, che hanno trovato rifugio in Turchia, dovrebbero essere protetti e non essere oggetto di arresti o persecuzioni", ha aggiunto.
Di recente Jarrah ha poi lavorato ad Aleppo per documentare i bombardamenti da parte dell'esercito siriano e russo, a rischio della vita. "Ha raccontato i crimini di guerra perpetrati contro i civili e ha dato voce a coloro che si oppongo sia all'Is che al regime e ai suoi alleati", riferisce ancora il Tsc. Tre settimane fa, riferiscono i suoi amici, aveva incontrato il premier turco Erdogan per discutere di Siria.
Il suo lavoro, sin dagli inizi della rivoluzione, è stato quello di "riportare la verità", credendo nel fatto che quello "fosse il solo modo per assicurare la libertà e la giustizia". Per le persone che lo hanno conosciuto "è un eroe", e per questo "deve essere liberato", conclude la nota.
Jarrah, nato a Nicosia (Cipro), è cresciuto in Gran Bretagna. Dopo aver fatto ritorno a Damasco, nel 2004, venne fermato e lasciato senza passaporto. Nel 2011 venne arrestato mentre filmava le rivolte presso la Grande moschea di Damasco, detenuto e torturato per tre giorni e poi nuovamente rispedito fuori dal Paese con una confessione estorta che fosse un terrorista. Raccontò poi di aver ricevuto diverse minacce di morte. Per il suo lavoro l'associazione della stampa canadese per la libera espressione gli ha conferito il Press Freedom Award.

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