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mercoledì 11 novembre 2015

Pakistan: cinque anni fa la condanna per blasfemia, Asia Bibi aspetta ancora giustizia

Avvenire
"A morte per impiccagione". Sono trascorsi esattamente cinque anni da quando la Corte del distretto di Nankana pronunciò questa drammatica sentenza. Quattro parole che sembravano indicare in modo ineludibile il destino dell'imputata, la contadina "blasfema" di Ittanwali.

Asia Bibi, una mamma minuta quanto determinata, l'11 novembre 2010 ascoltò la decisione dei giudici in dignitoso silenzio. Ignara del fatto che, da quel momento, si sarebbe trasformata nell'emblema della lotta per la libertà di religione in Pakistan. "E in una lezione per l'intera società e le sue differenti componenti: cristiani, musulmani, indù, credenti di ogni fede, agnostici, atei - dice ad Avvenire Paul Bhatti, ex ministro per le Minoranze di Islamabad.

Asia ha mostrato come la legge anti-blasfemia possa essere manipolata per fini che niente hanno a che fare con la fede. E che, anzi, sono in aperto contrasto con l'islam. Tale consapevolezza sta facendo maturare la coscienza del Paese". L'esecuzione di Asia Bibi non si è finora compiuta. Dopo un estenuante iter giudiziario, la Corte Suprema, il 22 luglio 2015, ha "congelato" la condanna. Eppure, la donna, palesemente innocente, rimane in cella, dove si trova ormai da2.332 giorni.

"Siamo, tuttavia, ottimisti sulla conclusione della vicenda. Ci sono concreti spiragli di speranza. L'ultimo pronunciamento dei giudici supremi ha rifiuto le prove presentate dall'accusa e le testimonianze secondo cui Asia avrebbe offeso l'islam. Il che apre alla possibilità di cauzione per l'imputata. Finora quest'eventualità non è stata esplorata per ragioni di sicurezza: i fondamentalisti hanno emesso una fatwa contro la donna - sottolinea Bhatti. La sentenza rappresenta, comunque, una pietra miliare". Un segnale che il Pakistan sta cambiando. In modo lento, a volte quasi impercettibile, non lineare. Ma comunque reale.

"I gruppi fondamentalisti risultano indeboliti - aggiunge Bhatti. In estate è stata sgominata un'importante cellula di Laskar Jhangvi, un'organizzazione jihadista pachistana affiliata allo Stato islamico (Is). Tra gli arrestati ci sono stati anche due terroristi, implicati nell'omicidio di mio fratello Shahbaz". Sempre in tale direzione, la recente decisione della Corte Suprema a proposito di quanti difendono gli accusati di blasfemia.

"Prima erano considerati essi stessi blasfemi. Ora i giudici hanno esplicitato che ognuno ha diritto a una tutela legale. Perché il sistema giudiziario è fatto da uomini e, come tale, soggetto a errori. Tanti innocenti possono essere imprigionati. E gli avvocati hanno, dunque, il dovere di contribuire a impedire eventuali ingiustizie". Asia Bibi, nel frattempo, resiste e attende. Senza perdere la speranza. Le sue condizioni di salute sono precarie, come denunciato dalla famiglia. I medici del carcere di Multan, dove si trova dal giugno 2013, le stanno garantendo le cure necessarie, anche grazie alla pressione internazionale. Una delegazione del Parlamento Europeo - composta dall'olandese Petervan Dalen, dalla tedesca Arne Gericke e dal polacco Marek Jurek- è appena stata in Pakistan dove ha incontrato il marito di Asia, Ashiq Masih, a cui hanno consegnato una lettera di solidarietà per rinnovare l'interesse della Ue nei confronti della vicenda.

Lucia Capuzzi

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