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giovedì 5 novembre 2015

Francia la vergogna del campo profughi di Calais scuote gli intellettuali

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Se questo è un uomo, avrebbe detto Primo Levi. Uomini e donne in fuga da guerre e carestie che, dopo aver attraversato migliaia di chilometri, si trascinano lungo fiumiciattoli di fango e detriti, intirizzi per il freddo, tra tende e capannoni industriali in disuso dove si lavoravano materiali tossici e pericolosi per la salute ed in prossimità di una discarica. Difficile che la mente non vada alle descrizioni di ben altri campi di orrore, cosi sapientemente descritte dalla penna di un lucido intellettuale scampato alla morte. Eppure sotto i nostri occhi si consuma, nell’indifferenza generale, il tramonto della civiltà se non si riescono a riunire le condizioni minime per una vita degna per tutti coloro che fuggono da morte e orrore. Esiste peggiore orrore dell’indifferenza?

E’ oramai da settimane che infatti diverse associazioni ed ONG in Francia cercano di allertare l'opinione pubblica sulle condizioni spaventose dei migranti e dei rifugiati ammassati nella improvvisato campo di rifugiati di Calais, tristemente nota oramai come "New Jungle", dove circa seimila persone, tra cui centinaia di donne e bambini, vivono ammassati in una vera e propria bidonville nella speranza di passare in Inghilterra. Poco cibo, penuria d'acqua, situazione sanitaria deplorevole, quasi peggio dei paesi dai quali questi migranti sono fuggiti. Oltre alle malattie che si propagano le ONG parlano anche di stupri alle donne del campo. Le violenze poliziesche s'alternano alle spedizioni "punitive" dell'estrema destra francese. Ora 800 intellettuali, tra cui attori, cineasti, musicisti e personalità dello spettacolo, dello sport e della cultura, hanno firmato un appello affinché lo stato francese faccia qualcosa e non abbandoni migliaia di persone alla propria sorte. Scrittori, registi, ricercatori hanno chiesto solennemente al governo francese un piano d’urgenza per far uscire la « Jungle » da condizioni di vita giudicate indegne. Ma fino ad ora nulla o quasi s’è mosso.

Médecins du Monde: bagni insufficienti e condizioni di vita non degne
L’inverno arriva ed ogni giorno diventano sempre più rigide e difficili le condizioni di vita di migranti e rifugiati. Médecins du Monde ha allertato stampa ed associazioni sul fatto che l’inverno s’avvicina e la maggioranza delle persone vive ancora in tende di fortuna, dorme all’addiaccio in sacchi a pelo, i più “fortunati” in capannoni industriali in disuso dove si lavoravano tra l’altro metalli e materiali pericolosi. Su pressione dell’opinione pubblica lo stato ha deciso di costruire, all’avvicinarsi dell’inverno, 125 container. Ma non basteranno perché al massimo della capacità potranno ospitare 1.500 persone. Gli altri, dovranno cavarsela in qualche modo. C’è poi il problema dei punti d’acqua e dei bagni. Médecins du Monde ed altri ONG ed associazioni presenti sul territorio parlano della presenza di soltanto quattro fonti d’acqua in tutto il campo, pochi bagni, il cui numero insufficiente e soprattutto delle condizioni di vita che non rispettano gli standard dei campi umanitari e le norme stabilite dall’Onu. Insomma il campo profughi di Calais non è degno di una democrazia.

Campo o discarica?
Gran parte della New Jungle sorge su una vecchia discarica in disuso. Migranti e rifugiati cioè vivono in mezzo antichi depositi di rifiuti. La discarica tra l’altro non è stata completamente bonificata. Ma non basta. La zona poi è stata definita (seguendo le normative europee che obbligano gli stati membri a repertoriare i siti industriali che presentano rischi maggiori d’incidenti) « Seveso », il cui nome ricorda l'incidente, avvenuto il 10 luglio 1976, nell'azienda ICMESA di Meda, che causò la fuoriuscita e la dispersione di una nube della diossina TCDD che investì una vasta area di terreni dei comuni limitrofi della bassa Brianza, particolarmente quello di Seveso. Una ragione in più per non costruire il campo in quel luogo. A Calais poi operano due industrie chimiche, Synthexim e Interor, industrie in cui si producono materiali dannosi per la salute umana e dove il rischio d’incendio o esplosione è molto elevato. Si puo’ costruire un campo a 300 metri da una bomba pronta ad esplodere? « Noi lo sapevamo da tempo – denuncia Christian Salomé presidente dell’associazione Auberge des Migrants – eppure nessuno ci ha ascoltati. Ora è troppo tardi per spostare 6.000 persone ». Ora che intellettuali, sportivi e personaggi dello spettacoli si sono mossi forse qualcosa si muoverà anche per Calais. Se non altro, per mettere fine all’indegnità.

Ed ora arriva anche la decisione del tribunale amministrativo di Lille, che, grazie alla pressione di Médecins du Monde e Secours Catholique, ha ordinato al prefetto e alla municipalità di Lille di mettere immediatamente in opera (entro otto giorni) misure sanitarie nella “Giungla” di Calais. Forse finalmente qualcosa inizia a muoversi.

@marco_cesario

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