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sabato 31 ottobre 2015

Maldive - La Corte Suprema ribalta la condanna alla lapidazione di una donna adultera

Corriere della Sera
Nel paradiso del turismo che attrae più di un milione di visitatori all’anno i diritti umani sono spesso messi in discussione. Ma questa volta la Corte Suprema delle Maldive ha voluto segnare un punto fermo ribaltando una sentenza di condanna a morte per lapidazione inflitta a una donna accusata di adulterio e di aver avuto un figlio fuori dal matrimonio.

La condanna era la prima di questo tipo pronunciata nel Paese ed aveva suscitato un’ondata di reazioni di proteste e di critiche da parte di gruppi che si battono per il rispetto dei diritti umani. La donna, che ha un figlio di 5 anni, era stata giudicata il 18 ottobre in un’isola sperduta dell’arcipelago, a Gemanafushi, 250 miglia a sud di Male. Per la Corte Suprema il giudice ha mancato di considerare tutti gli aspetti della procedura islamica.

Nel 2013 aveva fatto scalpore il caso di una ragazza di 15 anni condannata a 100 frustate dopo essere stata stuprata dal patrigno. Anche in quel caso la Corte Suprema aveva quindi ribaltato la sentenza.

Le Maldive, popolate da circa 400mila musulmani sunniti, applica un codice penale che è un misto tra sharia islamica e diritto inglese. Il sesso al di fuori del matrimonio è proibito ma il divieto non si applica ai turisti che possono anche girare per le isole a loro destinate in costume e bere alcolici.

La sentenza di lapidazione era stata l’ennesimo colpo alla reputazione internazionale della nazione che ha visto la destituzione del primo presidente democraticamente eletto, Mohamed Nasheed, condannato a 13 anni di prigione dopo un processo farsa per aver ordinato l’arresto di un giudice corrotto nel 2012.

All’inizio di quest’anno le Nazioni Unite ne hanno ordinato il rilascio immediato ma il governo del presidente Abdulla Yameen si è rifiutato di raccogliere l’invito.

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