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domenica 26 luglio 2015

I genitori della tabaccaia di Asti uccisa aiuteranno la figlia dell'omicida. "Non lasciarsi andare al risentimento"

La Stampa
I signori Fassi: «La sua famiglia uccisa anch’essa da un gesto folle non ha colpa per quanto è successo»

«Noi siamo qui. Se la figlia dell’uomo che ucciso la nostra avrà bisogno, noi ci saremo». Chi conosce la famiglia Fassi, forse, non è sorpreso da un gesto che ha poco o nulla del comune sentire.
Piero e Pina Fassi assieme
alle figlie Maria Luisa e Maura
Perché lasciarsi andare al risentimento, all’istinto di allontanare da sè, il più possibile, chi ha ferito irrimediabilmente la propria famiglia, sarebbe normale. Sarebbe naturale. Ma i Fassi sono di un’altra pasta. Silenzioso punto di riferimento, sempre restio ai riflettori, di molti enti di beneficenza della città, Piero e Pina Fassi, così come le figlie Maura e Maria Luisa, negli anni sono riusciti a coniugare quel lato introspettivo della fede, profonda e granitica, con quello più attivo della solidarietà. «Riservati, discreti, ma sempre pronti a tendere una mano agli altri», come li descrive don Giuseppe Gallo, parroco della Collegiata di San Secondo.

Anche nella salita più difficile della loro vita, sono riusciti a camminare in avanti senza tradire quell’etica che li ha sempre guidati. «Abbiamo saputo che quest’uomo (Piero Fassi non usa mai il termine “killer” o “assassino”, ndr) ha una figlia malata. Purtroppo. Nel nostro piccolo, se vorrà, faremo ciò che è nelle nostre possibilità per rendere meno dolorosa e solitaria la sua sofferenza. La sua famiglia, uccisa anch’essa da un gesto folle - aggiunge, scuotendo il capo - non ha colpa per quanto è successo». Un invito, quello rivolto alla famiglia di Folletto, che non vuole lasciare strascichi colorati da paillettes pronti per il tappetto rosso. «Di questo argomento non parleremo più - conclude la famiglia Fassi -. D’ora in avanti, quello che accadrà tra la nostra famiglia e la moglie e le figlie del signore arrestato, resterà solo una questione nostra, e della nostra coscienza».

Quell’abitudine ad alzare lo sguardo oltre il proprio orizzonte, misto ad un desiderio di aiutare chi è in difficoltà, ha «contagiato» quasi geneticamente anche i due figli di Maria Luisa. Agnese, 19 anni, è in partenza per un ritiro di preghiera al Santuario di Oropa. Lo stesso dove la mamma si lasciava spesso condurre dalla sua amata Vespa. A volte partiva all’improvviso, in compagnia della sorella Maura. «Eravamo già felici prima di iniziare il viaggio - racconta lei -. Ci riempiva di gioia, di energia vitale, metterci in sella e trascorrere qualche ora al Santuario». E Giacomo, il primogenito di Maria Luisa e del marito Valter Vignale, appena si è laureato in lettere a Torino, ha scelto di dedicare una parte delle sue vacanze estive a lavorare per una Ong, in Africa.

Negli ultimi mesi “Migia”, come veniva chiamata in casa Maria Luisa, aveva scoperto un «posto meraviglioso» dove andare a pregare. «Lei lo chiamava così - ricorda Maura -. Un giorno mi ha chiamata, era entusiasta, per raccontarmi di questa novità». Era entrata quasi per caso, a pregare, nel Santuario degli Oblati di San Giuseppe, nel centro storico di Asti, lontano dalla parrocchia sul Lungotanaro dove di solito andava con il marito e i figli. «Devi assolutamente venire - mi disse - C’è un profumo meraviglioso di fiori e una pace che disseta l’anima». Anche la sera prima di essere uccisa, Maria Luisa era andata lì, come faceva oramai quasi tutti i giorni. «La ricordo bene. Occhi assorti e limpidi che non dimenticherò mai» racconta il parroco.

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