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venerdì 19 giugno 2015

Arabia Saudita, pena di morte: 100 esecuzioni in 6 mesi del 2015. Nel 2014 sono state "appena" 87

Termometro Politico
Arabia Saudita: con l’esecuzione di un trafficante di droga siriano le condanne a morte arrivano a quota 100 in 6 mesi.

Arabia Saudita: l’aumento delle condanne a morteL’ultima esecuzione capitale in Arabia Saudita risale ad appena ieri. Nella regione settentrionale di Jaws, è stato decapitato Ismael Al Tawn, narcotrafficante siriano, ritenuto colpevole di contrabbando di anfetamine.

Il traffico di droga, così come l’omicidio, lo stupro, la rapina a mano armata, vengono puniti severamente dalla “sharia” applicata nel paese. Per completare il quadro della “severità” saudita basta dire che stragrande maggioranza delle esecuzioni capitali consiste nel decapitare il condannato con una spada in una pubblica piazza (nelle regioni del sud si usa anche la fucilazione).

Quella di Al Tawn è stata la 100esima esecuzione in 6 mesi, in tutto il 2014 ne sono state registrate appena 87. Tuttavia, il numero dei messi a morti rimane lontano dal record del 1995, quando in Arabia Saudita vennero eseguite 192 condanne a morte.
Arabia Saudita: la preoccupazione di Amnesty

Dalla ONG internazionale segnalano come l’Arabia Saudita sia saldamente sul podio degli stati “killer” più prolifici al mondo, superata solo da Cina e Iran (nel 2014 ha superato anche Usa e Iraq).

A fine maggio (90esima esecuzione) Amnesty rilevava come oltre la metà dei condannati a morte era stato sottoposto a un processo “molto al di sotto degli standard internazionali di equità”. Confessioni sotto “pressione”, negazione della rappresentanza legale, mancata comunicazione sull’avanzamento dei procedimenti; inoltre – visto che la sharia non parla espressamente di “droga” – la pena di morte è eseguita a discrezione del giudice, che può ordinarla anche in base al solo “sospetto” di colpevolezza.

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