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mercoledì 22 aprile 2015

Comunità di Sant'Egidio: immigrazione, per evitare nuove tragedie corridoi umanitari

Radio Vaticana
La Comunità di Sant’Egidio, assieme alle Chiese evangeliche, ribadisce il suo no a un intervento armato in Libia. Piuttosto è disposta ad aprire, finanziandosi da sola, desk umanitari da dislocare nei paesi limitrofi alla Libia, come in Marocco ma anche in Libano. 

Punti di accoglienza dei migranti che, in collegamento le ambasciate europee, consentano ai richiedenti asilo di ottenere un visto umanitario per l'Europa. Per Marco Impagliazzo, presidente della Comunità, questa è una possibilità già prevista dall’Accordo di Schengen:
“Naturalmente ci vorrà del tempo perché la voce si deve diffondere. Vogliamo mettere in pratica quelle leggi che ci sono e i sistemi di funzionamento dell’Unione Europea, che giustamente è quella che oggi fa la politica delle migrazioni. Noi pensiamo che questo sia un metodo piccolo inizialmente, ma che potrà dare grandi risultati”.

Sant’Egidio poi ha chiesto al governo di Tripoli di perseguire i trafficanti e di distruggere i barconi, cosa non facile però vista la scarsità di mezzi. No però a un blocco, dice il fondatore della Comunità Andrea Riccardi:

“Il discorso al sabotaggio richiede una collaborazione, come avvenne in Albania, dello Stato rivierasco. E chi controlla quelle rive? Io credo che alcune operazioni andrebbero fatte, andrebbero colpiti, ma qui c’è l’intelligence e le azioni di sabotaggio. La parola blocco mi sembra eccessiva".

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