Pagine

domenica 29 marzo 2015

Giamaica: reportage dal carcere di Tower street. L'assurdo caso di Clifton Wright

Il Manifesto
Sull'isola la quasi totalità dei detenuti poveri accusati di crimini gravi non ha mai incontrato un legale e ignora di aver diritto a una difesa. 

Carcere di Tower street
Lo scorso anno ci siamo occupati dello stato pietoso in cui versano le carceri in Giamaica ("Giamaica in scatola", il manifesto, 8 luglio 2014) all'interno di edifici che risalgono ai tempi dello schiavismo, tra detenuti senza cure sanitarie, celle prive di bagni infestate da scarafaggi e quant'altro. Siamo tornati laggiù per rilevare quella che è la deficienza più grave del sistema giudiziario: l'assenza del diritto internazionale alla difesa, che riguarda i casi dei prigionieri squattrinati. La storia di Clifton Wright, condannato a morte nel 1986, ne è l'esempio clamoroso.

Il percorso giudiziario giamaicano, si snoda essenzialmente lungo Tower street, la chilometrica Via Crucis che congiunge il carcere omonimo a King street, la strada dei tribunali di Kingston, con Corte suprema e Corte d'appello che si fronteggiano altezzose. A lato di quest'ultima, è la sede di Dpp (Department of public prosecution), il pubblico ministero. La via è una spina nel fianco di uno dei quartieri più poveri a downtown.

Prima di arrivare al sancta sanctorum della giustizia, abbiamo cercato con il lanternino le tracce di una difesa pro bono degna di questo nome. Tra casupole diroccate e tetti di lamiera zincata, al n° 131 ha sede il Legal Aid del governo, la difesa gratuita. Una saletta d'aspetto affollata di disperati, che aspettano pazienti, come solo i giamaicani sanno essere, il loro turno per conferire con Leroy Equiano, l'impalpabile paladino dei poveracci.

Il paladino (simbolico) dei poveracci
Quanto sia simbolico il suo ruolo di fronte alle corti di giustizia, lo testimonia lui stesso affermando che la quasi totalità dei detenuti poveri accusati di crimini gravi non ha mai incontrato un legale, o meglio, ignora di aver diritto a una difesa anche in mancanza d i soldi. [...]

Stiamo cercando la sentenza originale che ha condannato nel 1986 Clifton Wright, incontrato in prigione, a un incubo che dura già da 34 anni. Niente da fare. Rimbalzati agli Archivi generali, un'altra settimana persa. Solo dopo un mese di ricerche, spunta finalmente una fotocopia del documento, sopravvissuta all'interno della Corte d'appello.

Il "caso" Clifton Wright è una sentenza di morte per l'omicidio di Louis McDonald, scomparso il 28 agosto 1981, basata sulla singola testimonianza di un certo Cole; questi affermò di aver ricevuto un passaggio da Wright quella sera, e di aver notato, una volta sceso dall'auto, che puntava una pistola al collo dell'autista. L'uomo identificò Clifton in seguito a una procedura illegale: difatti la Corte prescrive che il teste proceda al riconoscimento dopo un confronto all'americana, tecnicamente noto come identification parade; un gruppo assortito deve sfilare davanti al teste, che ha il compito della scelta. Al contrario, Cole fu confrontato solo a Clifton Wright; nella stessa sentenza fu annotata tale anomalia. È evidente anche l'assurdità che un uomo, intento a rapinare un altro, dia un passaggio a uno sconosciuto.
Pestato e torturato con l'acido
Il corpo della vittima fu ritrovato il 30 agosto 1981. Il giorno prima, la polizia aveva già arrestato Clifton, in seguito a una segnalazione che egli fosse alla guida dell'auto di McDonald. L'uomo fu pestato e torturato con l'acido. Il verdetto trascura un dettaglio essenziale: il referto dell'autopsia del medico legale, il quale affermò la morte essere avvenuta nel pomeriggio di domenica 30 agosto, quando Wright era già detenuto da 24 ore. Non ve ne é traccia nel testo, e solo un'indagine di Iachr (la Commissione americana per i diritti umani) accertò nel 1988 questa macroscopica lacuna. Dopo tanto tempo, Clifton avrebbe diritto a parole, la libertà vigilata, oppure a una petizione da inoltrare al governatore generale, che ha facoltà di annullare la vecchia sentenza.

Allo stato attuale, dopo il nostro intervento, un noto studio legale di Londra guidato da Saul Lehrfreund, UK Director of Death Penalty Project, l'ufficio governativo inglese che assiste i casi di pena di morte, ha accettato l'incarico. E l'unica legale che abbia acconsentito a rappresentarlo pro bono sul territorio è Nancy Anderson, tutrice al la facoltà di legge dell'università di Mona a Kingston. Un'altra inglese.

Si contano migliaia di casi Wright in Giamaica; però riguardo a omicidi commessi dalle forze dell'ordine, la situazione si capovolge: prove inconfutabili, quali perizie balistiche e testimonianze multiple, sono spesso ignorate o cancellate dal giudice di turno; le difese hanno gioco facile a stravolgere la sequenza dei fatti. La regola di due pesi e due misure è sancita a livello istituzionale.

di Flavio Bacchetta

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.