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mercoledì 14 gennaio 2015

Riccardi: "Serve rispetto, ma difendo la libertà. Non è il conflitto tra due mondi, tra Occidente cristiano e Islam"

Il Fatto Quotidiano
Non è il conflitto tra due mondi, tra Occidente cristiano e Islam. È un errore affermarlo, è infondato. Siamo in una società globalizzata in cui niente è semplice". È perentorio Andrea Riccardi, deputato indipendente di centro, ex ministro per la cooperazione internazionale (governo Monti), fondatore nel 1968 della Comunità di Sant`Egidio, docente di storia contemporanea a Roma Tre e, soprattutto, tra i più importanti studiosi dei rapporti tra le religioni. "La globalizzazione non è adatta - spiega - alle semplificazioni".
Andrea Riccardi alla Marche Repubblicaine di Parigi,
11 gennaio 2015 
Quindi l`attacco terroristico a Parigi non è parte di uno scontro di civiltà?
Quanto accaduto in Francia è dovuto a tre grandi fattori: l`ideologia islamica totalitaria, che oggi circola sul web in modo massiccio e preoccupante; le periferie drammatiche, anonime, senza lavoro, di Parigi e delle grandi metropoli occidentali; la guerra alle porte, abbiamo dimenticato di essere sulla
linea del fronte, la Libia, la Siria, l`Iraq. Fattori a cui si deve aggiungere la regia delle organizzazioni terroristiche esistenti.

Lei domenica è stato all`oceanica marcia della pace parigina.
Si, ho potuto vedere questa manifestazione straordinaria. Con un popolo conscio di dover difendere la pace, il pluralismo politico, religioso e etnico, il senso della nazione. Un immenso corteo con tantissimi musulmani, sdegnati per quanto accaduto, per questa strage che ha portato via la vita anche a due musulmani.

Però, diceva, esiste un problema di islamismo radicale totalitario militarmente organizzato?
Si. Nel mondo musulmano c`è un grande dibattito in corso, un grande scontro che va oltre quello tradizionale tra sciiti e sunniti.
E la comunità ebraica ritorna a essere un obiettivo dei terroristi. Si pone di nuovo una questione di solidarietà tra le religioni non contrastante con la laicità. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen domenica hanno sfilato insieme, evitandosi però.
Vero. Ma è anche vero che non si sono per nulla evitati il vecchio rettore della moschea di Parigi e il rabbino di Francia.

Le religioni devono confrontarsi, non combattersi. Crede che giornalisti e vignettisti di Charlie Habdo abbiano esagerato in questi anni?
I nostri amici americani lo sostengono. Io, innanzitutto, difendo la libertà quando è pagata in questo modo. E ritengo inopportuno dare un`altra risposta. Se mi avesse fatto questa domanda prima della strage di Parigi, le avrei risposto che per me i sentimenti religiosi vanno rispettati. Ma non è che chi non li rispetta merita la morte, sia chiaro. O che bisogna rispettarli per evitare attentati. Sono assolutamente contrario a chi sostiene: se la sono cercata.

Tra i problemi ci sono le periferie quindi?
Ivry a Parigi negli anni Trenta era teatro delle lotte del Partito comunista francese. Oggi è una periferia senza comunità umana come tante altre, le parrocchie sono accorpate e le sezioni di partito non esistono più. Esiste soltanto una grande immigrazione musulmanache vive in luoghi orribili. Ma la banlieue di Parigi è drammaticamente uguale alle periferie di Milano, Torino, Roma... i recenti fatti di Tor Sapienza (a novembre la rivolta contro il centro per migranti nel quartiere est della capitale, ndr) sono prima stati raccontati come una reazione xenofoba, poi invece abbiamo scoperto, grazie all`inchiesta "Mondo di mezzo", esser stati una reazione mafiosa. La cosa che mi preoccupa è la fine dei corpi intermedi, di quelle organizzazioni il cui scopo è occuparsi dei problemi della strada.

Quindi, conferma, non siamo in presenza di uno scontro di civiltà?
La globalizzazione non è adatta alle semplificazioni volute da una comunicazione affrettata e da una politica superficiale. "Per amare bisogna conoscere", diceva Giovanni Vannucci, grande mistico del Ventesimo secolo.
Invece, troppo spesso, sembra che basti un clic su internet per conoscere le cose. Non è così. La nostra è una società troppo ignorante. Quando ero bambino vedere un africano camminare a Trastevere sembrava già un film. Oggi la complessità quotidiana trova rifugio nel settarismo. Bisogna riattivare l'umanità nelle grandi periferie, intervenire, non lasciarle ancora nello stato in cui versano. Il problema si risolve lì, altro che scontro di civiltà.

di Giancarlo Calapà

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