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sabato 31 gennaio 2015

Arabia Saudita: Rinviata ancora una volta seconda sessione di frustate per Raif Badawi

MISNA
Nel giorno in cui le agenzie internazionali danno ampio spazio all’inedito rimpasto di governo operato dal nuovo re, Salman, che ha peraltro rimosso due figli del suo defunto predecessore, Abdullah, la magistratura saudita ha rinviato per la terza volta consecutiva la flagellazione del giornalista e attivista Raif Badawi.

Raif Badawi
Badawi era stato condannato nel settembre scorso dalla Corte d’appello di Gedda a 10 anni di prigione, 1000 frustate, distribuite in 20 settimane in sessioni da 50 l’una, e una multa di 1.000.000 di rial sauditi (circa 196.000 euro), per “insulto all’Islam”. Dopo aver ricevuto le prime 50 frustrate il 9 gennaio, in pubblico, di fronte alla moschea di al-Jafali a Gedda, Badawi si era visto slittare per due volte la sessione seguente per motivi di salute: le ferite delle prime frustate non si erano rimarginate. Non è ancora chiaro il motivo del rinvio odierno.

Senza che ciò abbia avuto alcuna conseguenza politica da parte dell’Occidente e in particolare degli alleati statunitensi – il Nobel per la Pace Barack Obama non ha sollevato il caso con re Salman, che ha incontrato a Riyad questa settimana – le Nazioni Unite hanno definito la fustigazione “come minimo, una forma di punizione crudele e disumana … vietata dal diritto internazionale dei diritti umani, in particolare la Convenzione contro la tortura, che l’Arabia Saudita ha ratificato”.

“È impossibile per un essere umano ricevere 50 colpi di frusta a settimana” ha protestato la moglie di Badawi, Ensaf Haidar, rifugiata in Canada con i loro figli, e assistita da Amnesty International che si batte per la liberazione immediata e senza condizioni di Raif, ricordando che è un prigioniero di coscienza, detenuto solo per aver esercitato il suo diritto alla libertà di espressione.

Badawi, 31 anni, fondatore di “Free Saudi Liberals”, un forum ideato per discutere del ruolo della religione in Arabia Saudita, è detenuto dal 17 giugno 2012 nel carcere di Briman, a Gedda. Il suo avvocato, Waleed Abu al-Khair – ricorda Amnesty International – è anche egli stesso in carcere per scontare una condanna a 15 anni per il suo attivismo pacifico

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