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venerdì 12 settembre 2014

Pakistan: dopo sei anni di moratoria, torna l'esecuzione di una pena di morte il 18 settembre. Allarme delle ONG

MISNA
Dopo aver osservato una moratoria informale di sei anni sulle pene capitali, il tribunale del distretto di Rawalpindi ha ordinato alle autorità interessate di eseguire, il 18 settembre, l’impiccagione di Shoaib Sarwar, prigioniero nel carcere di Adiala. 

Sarwar era stato condannato a morte il 2 luglio 1998 con l’accusa di aver ucciso un uomo a Wah Cantt, Rawalpindi, nel 1996. Ieri, il giudice distrettuale, Abdul Sattar, ha ordinato alle autorità della prigione di Adiala di attuare la condanna a morte di Shaoib. L’ultima esecuzione di un prigioniero, nel braccio della morte in Pakistan, aveva avuto luogo verso la fine del 2008. Da allora le esecuzioni erano state sospese.

La Commissione per i diritti umani del Pakistan (Hrcp) ha espresso grave preoccupazione per l’impiccagione prevista del condannato nel carcere Adiala nonostante la moratoria informale sulle esecuzioni e ha invitato il governo ad annullare l’impiccagione e ad annunciare una moratoria formale sulle esecuzioni. “Vogliamo ricordare al governo che le ragioni che hanno causato la moratoria delle esecuzioni dal 2008 non sono cambiate. Queste includono le ben documentate carenze delle leggi, le lacune nell’amministrazione della giustizia e nei metodi di indagine e la corruzione cronica. In considerazione di questi fattori, la pena capitale permette una elevata probabilità di errori giudiziari che è totalmente inaccettabile in una società civile, in particolare perché la punizione è irreversibile” ha detto la commissione Hrcp in un comunicato.

Nonostante la moratoria informale delle esecuzioni, la pena capitale rimane negli statuti del Pakistan per 28 reati e i tribunali continuano ad aggiudicare condanne a morte. La Hrcp ha inoltre esortato il governo a firmare il protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici, finalizzato all’abolizione della pena di morte.

Anche la Commissione Internazionale dei Giuristi (Icj) ha chiesto oggi con urgenza al governo pakistano di fermare l’imminente esecuzione di Shoaib Sarwar. “Rompere la moratoria sulla pena di morte sarà un grande passo indietro per il Pakistan, mettendo in discussione l’impegno del governo del primo ministro Nawaz Sharif nei confronti dei propri obblighi riguardanti i diritti umani” ha dichiarato Sam Zarifi, direttore regionale della Corte internazionale di giustizia per l’Asia e il Pacifico.

La ripresa della pena di morte in Pakistan è in opposizione al movimento globale e regionale verso l’abolizione della pena di morte. Attualmente, 150 paesi in tutto il mondo, tra cui 30 Stati della regione Asia-Pacifico, compreso il Nepal e lo Sri Lanka, hanno abolito la pena di morte per legge o nella pratica. “Riprendere le esecuzioni è tanto più allarmante dato che oltre 8.000 persone sono attualmente nel braccio della morte in Pakistan”, ha aggiunto Zarifi. La Corte internazionale di giustizia si oppone alla pena capitale in tutti i casi, senza eccezione. La pena di morte costituisce una violazione del diritto alla vita e il diritto a non essere sottoposti a punizioni crudeli, inumani o degradanti.

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