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mercoledì 5 marzo 2014

Siria: salta tregua a Yarmouk. Unrwa: dramma di 18 mila rifugiati palestinesi intrappolati

Radio Vaticana
3.379: sono le vittime delle violenze in Siria nei primi due mesi del 2014, secondo i dati forniti ieri dall’Osservatorio siriano per i diritti umani. A tre anni dall’inizio della guerra civile, sarebbero circa 140mila i morti, tra militari e i civili, per gli attentanti e gli scontri armati tra esercito e forze fedeli al regime di Damasco e gruppi ribelli di opposizione. 

E tra le situazioni più gravi sul terreno c'è quella dei rifugiati palestinesi nel campo di Yarmouk, a sud della capitale, sotto assedio dal luglio 2013, dove domenica è stata rotta la tregua mediata dall’Onu a metà febbraio per poter approvvigionare i profughi rimasti senza cibo e medicine. 

Roberta Gisotti ha intervistato Tana De Zulueta, presidente del Comitato italiano dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi:

Nell’intricato mosaico delle violenze in Siria, si combattono aspramente a Yarmouk qaedisti siriani del Fronte al-Nusra, schierati contro il presidente Assad, e i miliziani del Fronte popolare palestinese-comando generale, storicamente legati al regime di Damasco. A pagarne il prezzo più alto sono gli ospiti del campo: 18 mila palestinesi, dei 160 mila presenti nella zona prima dell’inizio della guerra. Tana de Zulueta :

R. – Le nostre notizie sono che si è dovuta sospendere la distribuzione dei generi alimentari: è una notizia molto grave. Bisogna aggiungere che è da metà febbraio che questa distribuzione è andata avanti così, a intermittenza, perché i combattimenti non sono mai cessati del tutto.

D. – Sappiamo che il commissario generale dell’Unrwa, Filippo Grandi, ha visitato il campo solo qualche giorno fa e si era detto scioccato delle condizioni in cui versavano i profughi…

R. – Sì, non è l’unico a rimanere scioccato, perché assieme a Filippo Grandi è entrata una troupe della Bbc e un’inquadratura in particolare di questa onda di persone in attesa di cibo è stata ripresa in tutto il mondo: è un’immagine devastante che dà un senso palpabile della sofferenza che patiscono queste 18 mila persone intrappolate ancora a Yarmouk. Bisogna ricordare che Yarmouk – che nella foto e nelle immagini che tutti hanno visto sembra colpita da uno tsunami – è un sobborgo di Damasco ed è stata per mezzo secolo un luogo di rifugio per i palestinesi che lì avevano trovato un posto sicuro quando dovettero lasciare i propri paesi. Adesso, Yarmouk è una prigione, la fame si vede proprio nei volti, in particolare dei bambini e dei giovani. Per questo, Filippo Grandi è rimasto, come lei dice, scioccato. Però, è andato lì portando un messaggio di speranza: ha promesso agli abitanti di Yarmouk che non verranno dimenticati. Credo che questo sia molto importante. L’Unrwa fa molta fatica a raggiungere Yarmouk, ma è l’unica organizzazione che riesce ancora a operare, ad assistere – non solo a portare cibo – ma in altre località della Siria anche a tenere aperte le scuole, i dispensari e a fornire assistenza medica.

D. – 18 mila palestinesi intrappolati in questo campo: che ne è stato del resto dei palestinesi? Si dice che lì a Yarmouk abitassero 160 mila palestinesi, non so se il numero è giusto…

R. – Almeno… C’erano in tutta la Siria 500 mila palestinesi rifugiati e le loro famiglie. Almeno la metà di questi sono dispersi: hanno cercato rifugio o nella vicina Giordania o nel Libano, o si sono spostati in altri luoghi della Siria, quindi sono rifugiati due volte.

D. – Quindi, non c’è che da auspicare la pace?

R. – Assolutamente! La presenza dell’Onu in Siria è l’unico "lumicino" che riesce a tenere in piedi questa assistenza umanitaria. L’assistenza umanitaria è la prima emergenza siriana e il presupposto, anche, per la pace. E vorrei anche poter ricordare a voi e ai vostri ascoltatori che è aperta una raccolta fondi a cui possono partecipare anche i cittadini italiani, per l’emergenza Siria, sia con l’Unhcr sia con l’Unrwa, che si stanno impegnando nel tentativo di assistere milioni di rifugiati, ormai. E i rifugiati palestinesi hanno questa doppia vulnerabilità: sono rifugiati due volte, sono stranieri ovunque vadano.

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