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domenica 22 dicembre 2013

Sud Sudan tra violenze ed emergenza umanitaria

Lettera 43
Scontri fra etnie. Lotta per il potere. Attaccata pure l'Onu. Il Paese sull'orlo di una nuova guerra civile.

Civili scappati dalle violenze cercano rifugio
nella base della missione Onu (Unmiss) a Bor.
Soldati che entrano nelle case e sparano a vista. Cadaveri per le strade. Un conflitto sempre più incontrollabile.
Sta precipitando in una nuova guerra civile il Sud Sudan, lo Stato nato nel 2011 dopo 20 anni di scontri col Sudan, da cui è diventato indipendente.
Dal 15 dicembre sono scoppiate sanguinose violenze interetniche che hanno provocato almeno 500 vittime, a cui si aggiunge una battaglia per il potere con al centro i giacimenti di petrolio del Paese.


ATTACCO ALL'ONU. Oltre alla capitale Juba, anche nella cittadina di Bor, più a Nord, la tensione resta alta: il 19 dicembre alcuni appartenenti all'etnia Nuer hanno attaccato una base dell'Onu dove si erano rifugiati circa 20 mila civili in fuga dagli scontri. Nell'attentato sono rimasti uccisi due caschi blu indiani e un altro è stato ferito gravemente.
Secondo quanto denunciato da Human Rights Watch, in precedenza i soldati sud-sudanesi di etnia Dinka, fedeli al presidente Salva Kiir, avevano ucciso indiscriminatamente decine di civili Nuer a Juba.

ASSISTENZA ALIMENTARE AI RIFUGIATI. «La situazione è critica, soprattutto nello Stato del Jonglei», ha spiegato a Lettera43.it Vichi De Marchi, portavoce per l'Italia del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Wfp).
«È in corso l'organizzazione dell'assistenza alimentare ai rifugiati nei compound dell'Onu», attraverso voli di servizio umanitario del Wfp. «Vengono inviati riso, farina, legumi, zucchero e olio», ha aggiunto De Marchi. «Per le donne incinte e i bambini sono invece previsti cibi ad alto contenuto energetico».
Ma non si sa fino a quando possano bastare questi aiuti, nel caso in cui il conflitto degenerasse.
Gli scontri sono il risultati delle tensioni fra il presidente Kiir, di etnia Dinka, e l'ex presidente Riek Machar, di etnia Nuer.
Già il 15 dicembre è stato sventato un golpe quando un gruppo armato ha tentato di occupare il ministero della Difesa.
Oltre a Juba, il conflitto si sta allargando in altre zone del Paese e per questo le violenze della capitale «possono essere solo la punta dell'iceberg», ha detto Daniel Bekele, direttore di Human Rights Watch in Africa.
ITALIANI TORNATI A CASA. Intanto i civili stranieri, in maggioranza operatori umanitari, sono stati fatti tornare a casa. Il 20 dicembre sono arrivati a Ciampino, con un aereo da trasporto KC 767 dell'Aeronautica Militare proveniente da Gibuti, i 34 italiani evacuati dal Sud Sudan. Con loro c'erano anche 29 civili europei. Tutti sull'aereo hanno ricevuto assistenza dal team dell'Unità di crisi della Farnesina che si era recato nel Paese africano per organizzare l'operazione.

MISSIONE DI PACE. Gli Stati Uniti hanno schierato circa 45 soldati nel Sud Sudan per garantire la sicurezza ai propri cittadini residenti nel Paese.
Una missione per iniziare trattative di pace in Sud Sudan è stata inviata dall'Unione Africana e dall'Igad (Autorità intergovernativa per lo Sviluppo) con rappresentanti di Etiopia, Kenya, Uganda e il sostegno del Ruanda. Ma ogni minuto che passa, la situazione è sempre più fuori controllo.

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