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mercoledì 18 settembre 2013

Israele: la Corte Suprema contro il Governo "no al carcere per gli immigrati irregolari"

Ansa
Giornata di tripudio per le organizzazioni umanitarie in Israele dopo che nove giudici della Corte Suprema di Gerusalemme hanno bocciato all'unanimità una nuova legge che prevede tre anni di reclusione a quanti siano entrati illegalmente in Israele alla ricerca di un lavoro, provocando il forte disappunto del governo Netanyahu e della destra nazionalista.
Con parole severe i giudici hanno stabilito che una legge del genere non ha diritto di esistere in Israele: non si concilia con le sue leggi fondamentali, offende il diritto basilare dell'uomo alla libertà e alla dignità, in ogni modo non ha alcuna proporzione con quanto addebitato ai migranti.

Di conseguenza duemila africani - detenuti nei campi di reclusione per migranti di Saharonim e Ketziot nel Neghev - dovrebbero presto essere rimessi in libertà.

"Una giornata eccellente per i diritti umani in Israele", ha esclamato un portavoce di Amnesty International. Analoga la reazione dell'Associazione per la difesa dei diritti umani (Acri), che si era appellata alla Corte Suprema. Dai partiti della destra nazionalista i giudici vengono invece biasimati. Il ministro dell'edilizia Uri Ariel (Focolare ebraico) ritiene che abbiano di fatto "legato le mani al governo nella sua lotta contro l'immigrazione illegale".

Analogo il parere dell'ex ministro degli interni Eli Yishay (Shas) secondo cui quel drastico emendamento da lui fortemente voluto - ossia i tre anni di reclusione - aveva uno scopo di deterrente. "Adesso masse di africani si metteranno in moto verso Israele", ha avvertito. "Vogliamo che entrino? Sarebbe la fine dello Stato ebraico.

Non possiamo suicidarci nel nome della democrazia". In serata il premier Benyamin Netanyahu ha pubblicato una nota in cui esprime rispetto verso la Corte Suprema ma, nella sostanza, preannuncia che non rinuncerà alla sua lotta contro l'immigrazione clandestina. In politica interna, essa rappresenta infatti uno dei suoi successi maggiori.

Era stato Netanyahu ad ordinare la costruzione in tempi stretti di una lunga barriera lungo il confine sul Sinai: Negli ultimi anni i clandestini erano passati nel Neghev al ritmo di 2.000 al mese. "Invece questo mese non ne è entrato nemmeno uno", ha osservato oggi Netanyahu. In Israele vivono circa 60 mila immigrati clandestini provenienti dall'Africa. Le autorità non consentono loro di lavorare.

Di conseguenza si mantengono con modesti espedienti. Malgrado le ricorrenti proteste delle organizzazioni per i diritti civili, Netanyahu cerca di rimpatriarli: se non nei Paesi di origine, in altri Paesi africani che sarebbero disposti ad accoglierli in cambio di aiuti economici (e forse anche militari) di Israele. Su ordine della Corte Suprema, la parola torna adesso alla Knesset (parlamento) affinché esprima una legge più ponderata.

Ma nei rioni proletari di Tel Aviv, dove più marcata è la presenza dei migranti, c'è fermento. Per stasera è stata organizzata una manifestazione contro i migranti che "non sono i benvenuti", annunciano i dimostranti. "I sudanesi la fanno da padroni", lamenta uno di loro. "Qui regna la violenza, abbiamo paura". E poi ancora: "Se i giudici di Gerusalemme avessero trasferito i loro uffici qua per soli tre giorni, si sarebbero espressi diversamente".

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