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venerdì 28 giugno 2013

Carcere - Otto detenuti stranieri su dieci non conoscono i loro diritti alla salute

Adnkronos
Otto detenuti stranieri su dieci non conoscono, sostanzialmente, i loro diritti di salute in carcere. Ma anche gli italiani hanno qualche difficoltà, considerando che l'intera popolazione carceraria ha informazioni sulla riforma della sanità penitenziaria solo nel 60% dei casi.
Mentre meno di un terzo degli operatori di polizia penitenziaria conosce i contenuti delle novità in tema di assistenza sanitaria in carcere. Sono alcuni risultati, presentati questa mattina a Roma, del progetto 'Salute senza barrierè, realizzato dall'Istituto nazionale per Salute migrazione e Povertà e dal ministero della Salute su proposta del ministero degli Interni.

Un'iniziativa nata proprio per promuovere tra i detenuti stranieri la consapevolezza del diritto alla tutela della salute e la conoscenza del funzionamento dei servizi sanitari in carcere. Il progetto - partito il 30 maggio 2012 e in chiusura il 29 giugno - ha interessato 12 carceri italiane a Nord, Centro e Sud e ha coinvolto anche gli operatori sanitari e socio sanitari, gli agenti penitenziari e la dirigenza con diversi tipi di intervento: dai seminari informativi ai corsi di formazione a distanza fino ad una ricerca.

"Il progetto - ha spiegato all'Adnkronos Salute Gianfranco Costanzo dell'Inmp, coordinatore del progetto - ci ha permesso di verificare lo stato di attuazione della riforma sanitaria delle carceri e fare informazione ai detenuti, formazione degli operatori sanitari e coinvolgere i direttori dei carceri e i comandanti della polizia penitenziaria. È stato possibile anche svolgere una ricerca sulla percezione della riforma da parte dei diverse componenti della realtà carceraria".

I risultati hanno dimostrato "una bassa percezione dei propri diritti da parte dei detenuti stranieri", continua Costanzo. "Sono emerse le necessità di poter meglio coordinare il mondo sanitario che ha in carico la salute dei detenuti (e che oggi sta nelle Asl, in attuazione della riforma che ha trasferito le competenze dal Dap al Ssn) con le necessità che sono proprie del sistema detentivo, e quindi della sicurezza della società e delle persone. Serve far combaciare insieme il requisito di sicurezza con quello di tutela della salute, un traguardo a cui ancora non siamo arrivati".

Il progetto si è basato su 3 pilastri: informazione, realizzata attraverso 12 seminari in istituti di pena (Milano Opera, Torino Lorusso e Cutugno, Bologna, Padova, Firenze Sollicciano, Roma Rebibbia, Teramo, Santa Maria Capua Vetere, Catanzaro, Bari, Cagliari, Palermo) con un totale di 1.500 partecipanti; formazione, offerta al personale sanitario e socio-sanitario attraverso 4 percorsi di formazione a distanza con un approccio transculturale.

In questo caso sono stati completati 1202 percorsi formativi, altri 871 sono in fase di completamento, per un totale di circa 2000 percorsi formativi fruiti. Inoltre, sono rilasciati 212 attestati di partecipazione ai seminari informativi presso gli Istituti di pena.

La ricerca, si è basata su 4 questionari strutturati (per detenuti, polizia penitenziaria, direzione carceraria e staff sanitario; quelli destinati ai detenuti sono stati tradotti anche in arabo, albanese, inglese e francese). Una volta compilati e raccolti - 1.230, di cui 833 detenuti, 169 agenti, 208 sanitari, 12 direttori, 8 altri operatori - sono stati quindi analizzati dal gruppo di ricerca dell'Università di Torino, Dipartimento di Giurisprudenza. I risultati hanno indicato un'incidenza significativa delle condizioni strutturali (sia delle celle che spazi comuni ) sulla salute di detenuti e agenti di polizia penitenziaria.

Il sovraffollamento, in particolare, viene considerato tra i principali fattori di trasmissione di rischio per la salute in carcere, per la trasmissione di malattie infettive e responsabile dei maggiori problemi nell'erogazione del servizio sanitario. Diffuso, poi, il malessere personale sia tra detenuti che tra gli agenti. Per quanto riguarda i detenuti il principale sintomo di malessere è legato all'isolamento affettivo e relazionale. I periodi di malattia/infortunio degli operatori di polizia penitenziaria costituiscono un altro indicatore del malessere generalizzato: quasi la metà degli intervistati dichiara di essere stato malato/infortunato fino a 3 settimane negli ultimi 6 mesi. Tutti lamentano carenza di formazione e informazione sanitaria: uno straniero su cinque chiede formazione sull'igiene e cura del proprio corpo.

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