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sabato 25 maggio 2013

Papa Francesco: «Chiesa madre di tutti i migranti e i profughi»

Avvenire
"La Chiesa è madre e la sua attenzione materna si manifesta con particolare tenerezza e vicinanza verso chi è costretto a fuggire dal proprio Paese e vive tra sradicamento e integrazione". Lo ha ricordato papa Francesco che ha ricevuto i partecipanti all'assemblea plenario del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti, sottolineando che "la compassione cristiana si esprime anzitutto nell'impegno di conoscere gli eventi che spingono a lasciare forzatamente la patria e, dove è necessario, nel dar voce a chi non riesce a far sentire il grido del dolore e dell'oppressione".

Nel suo discorso, Bergoglio ha voluto anche "invitare tutti a cogliere negli occhi e nel cuore dei rifugiati e delle persone forzatamente sradicate anche la luce della speranza". "Speranza - ha sottolineato - che si esprime nelle aspettative per il futuro, nella voglia di relazioni d'amicizia, nel desiderio di partecipare alla società che li
accoglie, anche mediante l'apprendimento della lingua, l'accesso al lavoro e l'istruzione per i più piccoli". "Ammiro il coraggio - ha confidato - di chi spera di poter gradualmente riprendere la vita normale, in attesa che la gioia e l'amore tornino a rallegrare la sua esistenza. Tutti possiamo e dobbiamo alimentare questa speranza".


Secondo papa Francesco, la Chiesa ha "un compito importante anche nel rendere sensibili le comunità cristiane verso tanti fratelli segnati da ferite che marcano la loro esistenza: violenza, soprusi, lontananza dagli affetti familiari, eventi traumatici, fuga da casa, incertezza sul futuro nel campo-profughi". "Sono tutti elementi - ha spiegato - che disumanizzano e devono spingere ogni cristiano e l'intera comunità ad una attenzione concreta". "Come Chiesa - ha esortato il Pontefice - ricordiamo che curando le ferite dei rifugiati, degli sfollati e delle vittime dei traffici mettiamo in pratica il comandamento della carità che Gesù ci ha lasciato, quando si è identificato con lo straniero, con chi soffre, con tutte le vittime innocenti di violenze e sfruttamento".

"Dovremmo rileggere più spesso il capitolo del Vangelo secondo Matteo dove si parla del giudizio finale", ha suggerito Bergoglio agli ecclesiastici presenti. "Vorrei anche - ha aggiunto - richiamare l'attenzione che ogni pastore e comunità cristiana devono avere per il cammino di fede dei cristiani rifugiati e forzatamente sradicati dalle loro realtà, come pure dei cristiani emigranti". Gli immigrati, infatti, "richiedono una particolare cura pastorale che rispetti le loro tradizioni e li accompagni a una armoniosa integrazione nelle realtà ecclesiali in cui si trovano a vivere". "Le nostre comunità cristiane - siano veramente luoghi di accoglienza, di ascolto, di comunione". "Cari amici - ha esortato ancora rivolto ai membri del dicastero - spetta anche a voi orientare verso nuove forme di corresponsabilità tutti gli organismi impegnati nel campo delle migrazioni forzate. Purtroppo è un fenomeno in continua espansione, e quindi il vostro compito è sempre più esigente, per favorire risposte concrete di vicinanza e di accompagnamento delle persone, tenendo conto delle diverse situazioni locali".

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